venerdì 1 agosto 2014

GLI ARMENI IN CALABRIA & Rocca Armenia




 Rocca Armenia
I segni del loro passaggio sono evidenti tra Bruzzano con resti di un castello ROCCA ARMENIA, Brancaleone con le chiese rupestri con pavoni e croce armene incise, Chiese rupestri   in grotte artificiali dove sono evidenti delle croci e pavoni incisi di stile armeno. In tutto il  territorio allargato tra Bova e Bovalino i toponimi e gli stessi cognomi ricordano la loro presenza. Armeno, Armeni e Trebisonda, sono sicuramente nomi che ricordano provenienza. 
Toponimi come “ Discesa dell’armeno” (Bova), Varta e Varet (Casignana). Ed ancora altri nomi che seppur storpiati dal dialetto o dall’italianizzazione  ricorderebbero  nomi armeni.   
Da questi elementi nasce la manifestazione che ha suscitato un certo interesse,  vista anche la risposta di pubblico, verso un periodo in cui non erano collocati sul territorio solo i greci, ma anche popoli della Siria, e dell'Armenia, di cultura greco occidentale e di fede cristiana che hanno contribuito alla crescita culturale e sociale del territorio.  
La parola è  passata al primo relatore Sebastiano Stranges, Ispettore Onorario del  Ministero dei Beni Culturali che, oltre agli elementi storici, ha trattato anche quelli relativi alle scoperte archeologiche come quelle relative alla segnalazione di alcune chiese rupestri, con pavoni e croce armene incise. Da una approfondita indagine storica archeologica, secondo l'Ispettore, molti paesi tra il quinto secolo ed il nono secolo, sono di origine armena.  Ciò è attestato dai cognomi e dai toponimi, e da altre recenti indagine scientifiche. 
Il popolo armeno cristianizzato dagli apostoli Taddeo e Bartolomeo, sin dal II° secolo d.C. , ha subito per le sue idee continui martiri, ma non ha mai ceduto ai ricatti della storia. Il primo martirio è stato ad opera degli iraniani, che volevano imporre la loro religione, mazdeista o zoroastrana.  
Gli armeni che avevano avuto l’incontro con la verità di Cristo per l’opera di due tra i discepoli, sin dall’inizio della loro conversione, subirono una pressante opera di dissuasione, da parte dei mazdeisti.  
I primi martiri caddero per le loro idee altri fuggirono, e probabilmente ad ondate successive raggiunsero anche le nostre terre.  
Il lungo esodo durò quattro secoli. 
Successivamente, alla fine dell’ottavo secolo d.C., una nuova ondata anti cristiana si abbattè sugli armeni, ad opera degli stessi iraniani e dei turchi, che islamizzati con nuova forza e convinzione pensarono allo sterminio del popolo armeno.  
La nuova diaspora porta in terra Italiana altri profughi, che fondano delle comunità in vari luoghi della provincia di Reggio, a cominciare dalla più nota Bruzzano detta ancora Rocca Armenia, per via del castello incavato nella roccia. Simile a Bruzzano ci sono le vicine Brancaleone e Ferruzzano ed anche qui ancora sono chiari i segni del loro passaggio.  
A Staiti altre croci incise su antichi abbeveratoi, a Casignana molte grotte come quella di S. Floro, a San Luca e Natile Vecchio altre grotte di asceti, potrebbero essere state scavate ed utilizzate da armeni fin dalla prima cristianizzazione. 
Festa della Santa Croce di Polsi

La croce di Polsi stessa potrebbe essere guardata ora sotto una nuova luce poiché lo  stile ricorderebbe e non poco quelle antiche di Armenia.  
CroceLa cucina dei contadini calabresi presenta un tipico piatto che tutt’ oggi viene servito sulle mense armene, il “Do fasulia” che altro non è  che le nostre taglierine con i fagioli, e dopo cena si gioca a Blot, che  nei paesi del litorale ionico, si gioca in molte occasioni, anche se si chiama "briscola orba". 
La presenza degli armeni nella terra Italiana ha contribuito allo sviluppo civile e culturale, gli armeni sono stati difensori delle terre Italiana sotto la spinta araba, la storia ricorda la battaglia di Bruzzano tra gli islamici ed i cristiani  dove un forte contingente arabo sconfisse le milizie armene che erano giunte  in Calabria a seguito di Niceforo Foca, nel IX secolo, per liberare, dalla dominazione araba, Reggio e la Sicilia. La parte conclusiva della relazione  ha avuto il merito di evidenziare altri aspetti come quelli relativo al fatto che pur non essendoci  fino al momento prove storiche, ci sono quelle archeologiche che confermano la presenza degli Armeni sul territorio reggino, quindi, sarebbe necessario effettuare dei saggi di scavo, in modo da avere altre informazioni sull'argomento. 
Di  seguito il relatore ha toccato altri interessanti spunti come quelli relativi ad alcuni siti come quelli ubicati nelle località di Brancaleone Superiore e Rocca Armenia, l'attuale Bruzzano, dove vi sono i resti di un castello, dove sono visibili i vari alloggiamenti ed una Chiesa con altare posto ad Oriente. 
Infine si è voluto ricordare che ogni anno il 24 aprile decorre il anniversario dell’eccidio  di 1.500.000 armeni ad opera dei turchi e che sarebbe opportuno che la Calabria ricordasse con le bandiere a mezz’asta quel terribile episodio della storia dei nostri cugini e fratelli armeni, un popolo civile, cristiano di cultura che ha dato al mondo moderno  moltissimo.     
La trattazione del prof. Orlando Sculli si è basata sulla scoperta di numerosi siti archeologici sparsi sul territorio della provincia di Reggio Calabria.
Essi sono dislocati nel territorio di Ferruzzano e sono caratterizzati da una croce basata su una forma sferica, cosiddetta giustinianea, tipica   del VI sec. d.c. che conferma sia  la presenza armena sul territorio, forse dei coloni, sia la destinazione a coltura vinicola del territorio, che lo stesso simbolo riecheggi, per le sue caratteristiche    geometriche  sia del cerchio che del triangolo,  propri gli elementi spirituali di tale popolo in questione già presente nel territorio forse  sin dal VII secolo sotto l'impero di Eraclio, e successivamente sviluppatosi nelle zone adiacenti, grazie a diversi connazionali, giunti dal Medio Oriente a causa delle numerose invasioni, realizzò un insediamento numericamente più consistente.
Al seguito dell’esercito di Giustiniano, guidato prima da Belisario, poi da Narsete, vennero in Calabria, probabilmente dal Medio-Oriente bizantino, sotto continua pressione dei persiani, nel corso del VI secolo d.C., ebrei ed armeni, con varie funzioni, da quelle amministrative o agricole, a quelle militari, specie per gli armeni. 
Nella vallata di Bruzzano, si stanziarono gli armeni e gli ebrei.
Dei primi abbiamo le testimonianze nella toponomastica, Rocca degli Armeni a Bruzzano e nei manufatti religiosi: chiese grotte a Brancaleone Superiore e a Bruzzano Vecchia.  
Se la collocazione del toponimo sulla cartina è esatta, l’insediamento armeno sorgeva più a nord-est rispetto alla Rocca Armenia (l’insediamento di Bruzzano abbandonato a partire dal 1907). 
Esso era a ridosso di Santa  Domenica, dove sorgeva Bruzzano nel 925, distrutto  dagli arabi, guidati da Abu Ahmad Gafar Ibn Ubayd.
Secondo la tradizione orale del territorio, dopo la distruzione di Bruzzano, gli abitanti  superstiti si divisero ed alcuni si stanziarono sulla collina dove sorse Ferruzzano, altri sulla Rocca Armenia. 
Ma il toponimo “Rocca dell’Armenio” a quale insediamento si riferisce? Probabilmente a  quello distrutto dagli arabi nell’862 quando il Wali di Sicilia, Ab-Allah Ibn Al-Abbas, occupò molte rocche bizantine in Sicilia e scatenò la sua furia guerriera in Calabria, distruggendo Qalat- Al Armanin  (la Rocca degli Armeni), secondo quanto riferisce Al-Aktir, e che Michele Amari non sa dove collocare nella sua “Storia dei musulmani di Sicilia”. 
In seguito la comunità distrutta si ricompose, ma nel 925, come abbiamo accennato venne di nuovo massacrata. 
Proprio in questo periodo le dinastie berbere degli emiri di Sicilia, per via della scarsità della popolazione in Africa del Nord, andavano alla ricerca di mercenari nelle terre slave dell’Adriatico settentrionale tra gli schiavoni della Croazia o nella Dalmazia. 
Infatti nel 918 molti mercenari schiavoni al soldo degli arabi, sotto la guida di Masud devastarono Reggio e presero la Rocca di Sant’Agata forse nei pressi di Reggio stessa.
In quel periodo la vallata di Bruzzano divenne area di acquartieramento delle truppe arabe e una comunità slava di croati, vi si stabilì, come ricorda il toponimo vicino, alla Rocca degli Armeni, “Schiavuni” o “Rocca Schiavuni”.
Un altro toponimo consimile si ritrova nel comune di Sant’Agata vicino allo stretto di Palecastro. 
Un altro tassello quindi si aggiunge al mosaico dei popoli che abitò la vallata di Bruzzano, fino all’arrivo dei normanni nel 1060. 
Pertanto è doveroso indagare prima che le tracce di questi popoli siano definitivamente cancellate, esplorando i siti, studiando le superstiti coperte, tessute fino agli anni 50, con schemi tramandati da centinaia di anni, così ricche di simbologie orientali ed infine salvando i vitigni autoctoni, in cui il prestigioso prof. della Statale di Milano, Attilio Scienza, tramite il D.N.A., confida di trovare attinenze con l’Armenia.
L'intervento del relatore è stata supportata da una serie di diapositive che testimoniano il lavoro di ricerca svolto e nel contempo hanno fatto vedere ai presenti i luoghi di tali ricerche quali Rocca degli Armeni, Ferruzzano, San Valentino, località a ridosso della sopra citata Rocca Armena, Bruzzano, dove vi sono una serie di palmenti, croci armene,tracce interessanti di villaggi ed altre testimonianze atte a confermare la presenza di tale popolo anche nella provincia reggina jonica.

La manifestazione si è conclusa con l'autorevole intervento del prof. Domenico Minuto che sottolineato la valenza dell'incontro e nel contempo ha precisato che «abbiamo il dovere di essere prudenti e non farci prendere dalle emozioni.   
Bisogna dare una risposta attendibile a queste importanti testimonianze, quindi lode ai relatori  per  il loro lavoro effettuato che è una miniera di informazioni culturali. Quello che diciamo deve essere attendibile, quindi attendiamo fiduciosi i prossimi sviluppi.» 

La Calabre,  terra antica Armena / Calabria, ancient Armenian land 

altra presenza di croce armena
Denominazione: Castello di Bruzzano Zeffirio, Castello d’Armenia.
Situato a quota 139.00 mt s.l.m., sulla sommità della "Rocca Armenia", in località Bruzzano Vecchia.
Il Castello, ormai allo stato di rudere, è stato edificato tra il finire del X e gli inizi del XI secolo. 
Nel 925 divenne quartier generale dei Saraceni. In seguito fu, feudo di Giovanni De Brayda dal 1270 al 1305, di proprietà del Marchese di Busca dal 1305 al 1328, dei Marchesi Ruffo dal 1328 al 1456, dei Marullo dal 1456 al 1550, dei Danotto dal 1550 al 1563, degli Aragona de Ajerbe dal 1563 al 1597, degli Stayti nel 1597 e dei Carafa di Roccella fino al 1806. Fu danneggiato dal sisma del 1783 e ridotto a rudere dai sismi del 1905 e 1908. Numerosi rimaneggiamenti, aggiunte e stratificazioni sono stati effettuati nei periodi storici che si succedettero dal Medioevo fino ai primi dell’Ottocento.
Il Castello di Bruzzano, presenta una tipologia architettonica tipica del territorio e dei periodi storici in cui le varie parti furono costruite.
La Rocca Armenia si presenta come un monolite di arenaria locale compatta. Posta a quota 115 mt s.l.m., con una sommità piana, dove sono evidenti i ruderi, a 139 mt s.l.m.. Tale rupe fortificata presenta quindi un dislivello di circa 25 mt rispetto ai ruderi dell’abitato di Bruzzano Vecchia ai piedi della stessa rupe. Su questa rocca, il Castello si articola in numerosi corpi di fabbrica ormai a rudere, raggruppabili in tre principali categorie.
1) Strutture difensive militari
2) Cappella nobiliare del Castello
3) Dimora della famiglia Carafa
Le strutture difensive militari, rappresentano il vero e proprio Castello fortificato costruito alla fine del X sec. Le strutture, presentano una tipologia a pianta quadrangolare con torri quadrate e "sala d’armi". All’interno del Castello, una piazza scoperta con relative cisterne scavate nella roccia per la raccolta delle acque; prigioni, anch’esse scavate nella roccia; mentre all’esterno dei muri perimetrali, si vedono ancora i resti dei contrafforti di recinzione della rocca. Oltre alle strutture in muratura, tale fortificazione presenta degli ambienti funzionali trogloditici e, delle strutture, anch’esse scavate nella roccia.
Della "Sala d’armi", rimangono i muri perimetrali, dove sono evidenti le feritoie atte alle azioni belliche di difesa.
La Cappella Nobiliare è posta addossata al muro est del vero e proprio Castello fortificato. Infatti, sulla parte esterna di un grosso muro, a pochi metri dal torrione sopra descritto, un ambiente rettangolare delimita lo spazio sacro di questa Cappella che dovette essere costruita non più tardi dell’epoca tardo-medioevale in cui furono costruite le strutture che compongono la cosiddetta "Casa del Principe". Tale Cappella, a unica navata e di cui rimangono in elevazione tre delle quattro pareti, presenta un’abside semicilindrico sporgente verso l’esterno, sul fronte a nord. Ai lati dell’abside, sono ricavate nello spessore del muro, due piccole nicchie che dovevano custodire delle icone sacre ai lati dell’abside centrale che custodiva il Santo cui era dedicata tale Cappella. Sia l’abside centrale sia le due nicchie laterali, presentano tracce di affreschi in pittura rossiccia sui resti del poco intonaco rimasto.
Sulla muratura del fronte opposto all’abside, era posta in posizione centrale, la porta d’ingresso della Cappella.
Dei ruderi delle abitazioni, rimangono i muri talvolta interi di quasi tutte le stanze che compongono il complesso abitativo. In tutto si possono contare una ventina di ambienti, quattro dei quali separati dalle altre e, prospicienti alla Cappella prima descritta e quindi, al vero e proprio Castello.
La prima abitazione a cui si accede, nonché quella più grande, rappresenta la vera e propria dimora signorile; consiste in una grande sala affacciata verso nord e verso est, con accorpate altre cinque stanze, tra cui una dal muro curvo. La struttura di questa prima e più grande abitazione, è quella meglio conservata; i muri, arrivano all’altezza del piano d’imposta della copertura, indicando un tetto che doveva essere a padiglione. L’ambiente, era ad un solo piano, a differenza di altri corpi di fabbrica accorpati che erano sviluppati su due piani.
Lo spazio non edificato nella parte sudorientale della rupe è occupata da due pozzi scavati nella roccia e un sistema di vasche contigue attraverso canalette, anch’esse scavate nella roccia. Un altro pozzo rimane all’interno di una delle abitazioni.

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