S. Giorgio, il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino. (Mess. Rom.)
Patronato: Arcieri, Cavalieri, Soldati, Scout, Esploratori/Guide AGESCI
Etimologia: Giorgio = che lavora la terra, dal greco
Emblema: Drago, Palma, Stendardo
Martirologio Romano: San Giorgio, martire, la cui gloriosa lotta a Diospoli o Lidda in Palestina è celebrata da tutte le Chiese da Oriente a Occidente fin dall’antichità.
Per avere un’idea del diffusissimo culto che il santo cavaliere e martire Giorgio, godé in tutta la cristianità, si danno alcuni dati. Nella sola Italia vi sono ben 21 Comuni che portano il suo nome; Georgia è il nome di uno Stato americano degli U.S.A. e di una Repubblica caucasica; sei re di Gran Bretagna e Irlanda, due re di Grecia e altri dell’Est europeo, portarono il suo nome.
È patrono dell’Inghilterra, di intere Regioni spagnole, del Portogallo, della Lituania; di città come Genova, Campobasso, Ferrara, Reggio Calabria e di centinaia di altre città e paesi. Forse nessun santo sin dall’antichità ha riscosso tanta venerazione popolare, sia in Occidente che in Oriente; chiese dedicate a San Giorgio esistevano a Gerusalemme, Gerico, Zorava, Beiruth, Egitto, Etiopia, Georgia da dove si riteneva fosse oriundo; a Magonza e Bamberga vi erano delle basiliche; a Roma vi è la chiesa di S. Giorgio al Velabro che custodisce la reliquia del cranio del martire palestinese; a Napoli vi è la basilica di San Giorgio Maggiore; a Venezia c’è l’isola di San Giorgio.
Vari Ordini cavallereschi portano il suo nome e i suoi simboli, fra i più conosciuti: l’Ordine di San Giorgio, detto “della Giarrettiera”; l’Ordine Teutonico, l’Ordine militare di Calatrava d’Aragona; il Sacro Ordine Costantiniano di San Giorgio, ecc.
È considerato il patrono dei cavalieri, degli armaioli, dei soldati, degli scouts, degli schermitori, della Cavalleria, degli arcieri, dei sellai; inoltre è invocato contro la peste, la lebbra e la sifilide, i serpenti velenosi, le malattie della testa, e particolarmente nei paesi alle pendici del Vesuvio, contro le eruzioni del vulcano.
Il suo nome deriva dal greco ‘ghergós’ cioè ‘agricoltore’ e lo troviamo già nelle ‘Georgiche’ di Virgilio e fu portato nei secoli da persone celebri in tutti i campi, oltre a re e principi, come Washington, Orwell, Sand, Hegel, Gagarin, De Chirico, Morandi, il Giorgione, Danton, Vasari, Byron, Simenon, Bernanos, Bizet, Haendel, ecc.
In Italia è diffuso anche il femminile Giorgia, Giorgina; in Francia è Georges; in Inghilterra e Stati Uniti, George; Jörg e Jürgens in Germania; Jorge in Spagna e Portogallo; Gheorghe in Romania; Yorick in Danimarca; Yuri in Russia. La Chiesa Orientale lo chiama il “Megalomartire” (il grande martire).
Detto tutto questo, si può capire come il suo culto così diffuso in tutti i secoli, abbia di fatto superato le perplessità sorte in seno alla Chiesa, che in mancanza di notizie certe e comprovate sulla sua vita, nel 1969 lo declassò nella liturgia ad una memoria facoltativa; i fedeli di ogni luogo dove è venerato, hanno continuato comunque a tributargli la loro devozione millenaria.
La sua figura è avvolta nel mistero, da secoli infatti gli studiosi cercano di stabilire chi veramente egli fosse, quando e dove sia vissuto; le poche notizie pervenute sono nella “Passio Georgii” che il ‘Decretum Gelasianum’ del 496, classifica tra le opere apocrife (supposte, non autentiche, contraffatte); inoltre in opere letterarie successive, come “De situ terrae sanctae” di Teodoro Perigeta del 530 ca., il quale attesta che a Lydda (Diospoli) in Palestina, oggi Lod presso Tel Aviv in Israele, vi era una basilica costantiniana, sorta sulla tomba di san Giorgio e compagni, martirizzati verosimilmente nel 303, durante la persecuzione di Diocleziano (detta basilica era già meta di pellegrini prima delle Crociate, fino a quando il sultano Saladino (1138-1193) la fece abbattere).
La notizia viene confermata anche da Antonino da Piacenza (570 ca.) e da Adamnano (670 ca) e da un’epigrafe greca, rinvenuta ad Eraclea di Betania datata al 368, che parla della “casa o chiesa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni”.
I documenti successivi, che sono nuove elaborazioni della ‘passio’ leggendaria sopra citata, offrono notizie sul culto, ma sotto l’aspetto agiografico non fanno altro che complicare maggiormente la leggenda, che solo tardivamente si integra dell’episodio del drago e della fanciulla salvata da San Giorgio.
La ‘passio’ dal greco, venne tradotta in latino, copto, armeno, etiopico, arabo, ad uso delle liturgie riservate ai santi; da essa apprendiamo come già detto senza certezze, che Giorgio era nato in Cappadocia ed era figlio di Geronzio persiano e Policronia cappadoce, che lo educarono cristianamente; da adulto divenne tribuno dell’armata dell’imperatore di Persia Daciano, ma per alcune recensioni si tratta dell’armata di Diocleziano (243-313) imperatore dei romani, il quale con l’editto del 303, prese a perseguitare i cristiani in tutto l’impero.
Il tribuno Giorgio di Cappadocia allora distribuì i suoi beni ai poveri e dopo essere stato arrestato per aver strappato l’editto, confessò davanti al tribunale dei persecutori, la sua fede in Cristo; fu invitato ad abiurare e al suo rifiuto, come da prassi in quei tempi, fu sottoposto a spettacolari supplizi e poi buttato in carcere. Qui ha la visione del Signore che gli predice sette anni di tormenti, tre volte la morte e tre volte la resurrezione.
E qui la fantasia dei suoi agiografi, spazia in episodi strabilianti, difficilmente credibili: vince il mago Atanasio che si converte e martirizzato; viene tagliato in due con una ruota piena di chiodi e spade; risuscita operando la conversione del ‘magister militum’ Anatolio con tutti i suoi soldati che vengono uccisi a fil di spada; entra in un tempio pagano e con un soffio abbatte gli idoli di pietra; converte l’imperatrice Alessandra che viene martirizzata; l’imperatore lo condanna alla decapitazione, ma Giorgio prima ottiene che l’imperatore ed i suoi settantadue dignitari vengono inceneriti; promette protezione a chi onorerà le sue reliquie ed infine si lascia decapitare.
Il culto per il martire iniziò quasi subito, come dimostrano i resti archeologici della basilica eretta qualche anno dopo la morte (303?) sulla sua tomba nel luogo del martirio (Lydda); la leggenda del drago comparve molti secoli dopo nel Medioevo, quando il trovatore Wace (1170 ca.) e soprattutto Jacopo da Varagine († 1293) nella sua “Leggenda Aurea”, fissano la sua figura come cavaliere eroico, che tanto influenzerà l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la fantasia popolare.
Essa narra che nella città di Silene in Libia, vi era un grande stagno, tale da nascondere un drago, il quale si avvicinava alla città, e uccideva con il fiato quante persone incontrava. I poveri abitanti gli offrivano per placarlo, due pecore al giorno e quando queste cominciarono a scarseggiare, offrirono una pecora e un giovane tirato a sorte.
Un giorno fu estratta la giovane figlia del re, il quale terrorizzato offrì il suo patrimonio e metà del regno, ma il popolo si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli, dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane fanciulla piangente si avviò verso il grande stagno.
Passò proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio, il quale saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessina, promettendole il suo intervento per salvarla e quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo pestifero dalle narici, Giorgio non si spaventò, salì a cavallo e affrontandolo lo trafisse con la sua lancia, ferendolo e facendolo cadere a terra.
Poi disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la sua cintura al collo del drago; una volta fatto ciò, il drago prese a seguirla docilmente come un cagnolino, verso la città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li rassicurò dicendo: "Non abbiate timore, Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: Abbracciate la fede in Cristo, ricevete il battesimo e ucciderò il mostro".
Allora il re e la popolazione si convertirono e il prode cavaliere uccise il drago facendolo portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi. La leggenda era sorta al tempo delle Crociate, influenzata da una falsa interpretazione di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino, trovata a Costantinopoli, dove il sovrano schiacciava col piede un drago, simbolo del “nemico del genere umano”.
La fantasia popolare e i miti greci di Perseo che uccide il mostro liberando la bella Andromeda, elevarono l’eroico martire della Cappadocia a simbolo di Cristo, che sconfigge il male (demonio) rappresentato dal drago. I crociati accelerarono questa trasformazione del martire in un santo guerriero, volendo simboleggiare l’uccisione del drago come la sconfitta dell’Islam; e con Riccardo Cuor di Leone (1157-1199) san Giorgio venne invocato come protettore da tutti i combattenti.
Con i Normanni il culto del santo orientale si radicò in modo straordinario in Inghilterra e qualche secolo dopo nel 1348, re Edoardo III istituì il celebre grido di battaglia “Saint George for England”, istituendo l’Ordine dei Cavalieri di San Giorgio o della Giarrettiera.
In tutto il Medioevo la figura di San Giorgio, il cui nome aveva tutt’altro significato, cioè ‘agricoltore’, divenne oggetto di una letteratura epica che gareggiava con i cicli bretone e carolingio. Nei Paesi slavi assunse la funzione addirittura ‘pagana’ di sconfiggere le tenebre dell’inverno, simboleggiate dal drago e quindi di favorire la crescita della vegetazione in primavera; una delle tante metamorfosi leggendarie di quest’umile martire, che volle testimoniare in piena libertà, la sua fede in Cristo, soffrendo e donando infine la sua giovane vita, come fecero in quei tempi di sofferenza e sangue, tanti altri martiri di ogni età, condizione sociale e in ogni angolo del vasto impero romano.
San Giorgio è onorato anche dai musulmani, che gli diedero l’appellativo di ‘profeta’. Enrico Pepe sacerdote, nel suo volume ‘Martiri e Santi del Calendario Romano’, conclude al 23 aprile giorno della celebrazione liturgica di San Giorgio, con questa riflessione: “Forse la funzione storica di questi santi avvolti nella leggenda è di ricordare al mondo una sola idea, molto semplice ma fondamentale, il bene a lungo andare vince sempre il male e la persona saggia, nelle scelte fondamentali della vita, non si lascia mai ingannare dalle apparenze”.
da ogni male Tu ci difendi
San Giorgio Martire e vittorioso
su Niella Belbo veglia pietoso.
Rit.:
Tu ci assisti, o gran protettore
nella lotta col drago infernale
finchè Iddio di lauro immortale
la corona ci doni nel ciel.
ribelle a Dio a noi nemico
San Giorgio Martire sotto il tuo brando
è vinto e piegasi di rabbia urlando.
Sopra la Chiesa di Cristo sposa
una procella rugge impetuosa.
San Giorgio Martire tu dona pace
all'invincibile Chiesa verace.
II. VITA
Secondo la «prima» leggenda e i successivi ampliamenti, fin dalla concezione Giorgio è predestinato a grandi cose; la sua nascita porta grande gioia ai genitori Geronzio, persiano, e Policronia, cappadoce, che lo educano religiosamente fino al momento in cui entra nel servizio militare.
Il martirio avviene sotto Daciano imperatore dei Persiani (che però in molte recensioni è sostituito da Diocleziano, imperatore dei Romani) il quale convoca settantadue re per decidere le misure da prendere contro i cristiani. Giorgio di Cappadocia, ufficiale delle milizie, distribuisce i beni ai poveri, e, davanti alla corte, si confessa cristiano; all'invito dell'imperatore di sacrificare agli dei si rifiuta ed iniziano le numerose e spettacolari scene di martirio. Giorgio viene battuto, sospeso, lacerato e gettato in carcere, dove ha una visione del Signore che gli predice sette anni di tormenti, tre volte la morte e tre la resurrezione. Quindi ha la meglio sul mago Atanasio che si converte e viene martirizzato; tagliato in due con una ruota irta di chiodi e spade, Giorgio risuscita convertendo il magister militum Anatolio e tutte le sue schiere che vengono passate a fil di spada. A richiesta del re Tranquillino risuscita diciassette persone morte da quattrocentosessant'anni, le battezza e la fa sparire; entra in un tempio pagano e con un alito abbatte gli idoli. L'imperatrice Alessandra si converte e viene martirizzata; l'imperatore lo condanna nuovamente a morte e il santo, prima di essere decapitato, implora da Dio che l'imperatore ed i settantadue re siano inceneriti; esaudita la sua preghiera si lascia decapitare promettendo protezione a chi onorerà le sue reliquie.
La leggenda della fanciulla liberata dal drago per opera di Giorgio sorse successivamente: sembra che il racconto di tale episodio sia nato, al tempo dei Crociati, dalla falsa interpretazione di un'immagine dell'imperatore Costantino che si trovava allora a Costantinopoli, cosí descritta da Eusebio (Vita Constantini, III, 3, in PG, XX, col. 1058) «salutare signum capiti suo superpositum imperator draconem (inimicum generis humani) telis per medium ventris confixum sub suis pedibus... depingi voluit», e dal XVII panegirico di San Giorgio, recitato da Sant'Andrea di Creta (ihíd., XCVII, col. 1189): «Benedictus Dominus qui non dedit nos in praedam dentibus eorum» (Ps. 123, 6).
La fantasia popolare ricamò sopra tutto ciò, ed il racconto, passando per l'Egitto, dove Giorgio ebbe dedicate molte chiese e monasteri, divenne una leggenda affascinante la cui diffusione fu probabilmente facilitata anche da una scena (di cui un esemplare si trova ora al Louvre), raffigurante il dio Horu, purificatore del Nilo, cavaliere dalla testa di falco, in uniforme romana, in atto di trafiggere un coccodrillo tra le zampe del cavallo.
Circa il nome, questo Giorgio non è da confondere con altri omonimi, né con i vari Gregorio, e l'etimologia del termine (= agricoltore) ha dato luogo ad originali commenti dell'analogo brano evangelico (Io. 15, 1-7). Inoltre, la qualità dei supplizi richiama la leggenda greca di Perseo e di Andromeda, e la celebre storia del drago, senza il quale non possiamo immaginare la figura di San Giorgio, si legge con tutti i suoi particolari nel Martirio di San Teodoro (Anal. Boll., II [1883], pp. 359 sgg.; cf. anche: I martiri di S. Teodoro e di S. Ariadne, in Franchi de' Cavalieri, 6, p. 92, n. 5).
Circa l'anno del martirio, il Ruinart, seguendo il Chronicon alexandrinum seu paschale (PG, XCVI, col. 680), fissa il 284; altri il 249-51; altri ancora, interpretando come Diocleziano il nome di Daciano, lo pongono al 303. Perché poi nella redazione più antica della passio, Diocleziano sia diventato Daziano, sembra da spiegare per la triste rinomanza acquistata da un governatore romano della Spagna nell'epoca dioclezianea, di nome appunto Daziano, tanto feroce contro i cristiani da esser chiamato il «drago degli abissi». Il nome tra il IV e il V sec. si diffuse in Oriente, tanto che fu poi portato da vari sovrani della Georgia. L'attribuzione, pertanto, del martirio di Giorgio al tempo di Diocleziano sembra la più probabile.
La sua professione di militare potrebbe derivare da una identificazione con il tribuno che strappò l'editto di Galerio contro i cristiani in Nicomedia, secondo quanto è narrato da Eusebio (Hist. eccl., VIII, 5, in PG, XX, coll. 749-52); ma la localizzazione del culto in Lydda rende improbabile tale identificazione.
CULTO
Forse nessun santo ha riscosso tanta venerazione popolare quanto San Giorgio e a testimonianza di ciò sono le innumerevoli chiese dedicate al suo nome.
A Gerusalemme esisteva nel sec. VI un monastero con chiesa a lui dedicata, come attesta un'epigrafe coeva (J. Perrot, in Syria, XXVII [1950], pp. 194-96); a Bisanzio, come abbiamo visto, era venerato nell'orfanotrofio.
A Gerico fu dedicato a San Giorgio nel sec. VI un monastero (P. Abel, in Revue Biblique, VIII .
A Zorava, nella Traconitide, un'iscrizione del 515 narra l'apparizione di San Giorgio a Giovanni figlio di Diomede (Delehaye, Origines, p. 86).
A Beiruth il santo riscosse grande venerazione specialmente dopo la vittoria dei Crociati (C. Astruc, Saint Georges à Beyrouth, in Anal. Boll., LXXVII [1959], pp. 54-62) e nell'Iraq numerose erano le chiese a lui dedicate (J.-M. Fiey, Mossoul chrétienne, Beiruth 1959, p. 105).
Grande venerazione riscosse Giorgio in Etiopia, dove la conoscenza delle sue gesta giunse attraverso l'Egitto, ed in Georgia, paese di cui fu ritenuto oriundo (V. Arras, Miraculorum S. Gregorii megalomartyris collectio altera, in CSChO, CXXXVIII-XXXIX, Script. aeth., 31-32, Lovanio 1953; id., La Collection éthiopienne des miracles de S. Georges, in Atti del Convegno internazionale di. Studi Etiopici..., Acc. Naz. dei Lincei, quad. 48, Roma 1960, pp. 273-84).
A Magonza, secondo le testimonianze di Venanzio Fortunato, il quale in cinque distici celebra le gesta del martire orientale, largamente venerato sub occiduo cardine, gli era stata dedicata una basilica a metà del sec. VI (Carm., II, 16, in PL, LXXXVIII, col. 107) ed a Bamberga, Enrico II fondò una chiesa in suo onore.
Anche in Italia il culto a San Giorgio fu assai diffuso. A Roma, Belisario (ca. 527) affidò alla protezione del santo la porta di San Sebastiano e ai due santi insieme è dedicata la chiesa del Velabro, dove venne trasferito il cranio di Giorgio trovato nel patriarchio lateranense da papa Zaccaria (Lib. pont., I, p. 434).
A Bari che la chiesa S.Giorgio, un tempo, il luogo tristemente descritto, fu una meta molto frequentata dai baresi, il culto era molto sentito, si celebrava una messa ogni domenica e in alcuni periodi le messe furono giornaliere. Il Lunedì di Pasqua e, in modo particolare, nel giorno 23 aprile (San Giorgio) si organizzava una delle feste campestri più popolari, molta gente si recava in pellegrinaggio per raccogliersi in preghiera e, dopo, festeggiava il Santo intorno alla chiesetta, in aperta campagna, rispettando la tradizionale festa campagnola organizzando alla buona, “na uascèzze” (scampagnata).
VIDEO(S.GIORGIO DEGLI ARMENI A BARI)
VIDEO(CONDINZIONI DI OGGI)
A Ravenna fin dal sec. VI esisteva una chiesa a lui dedicata nel campo «Coriandro», presso il sepolcro di Teodorico, come ci attesta la biografia del vescovo Agnello (m. 570): "similiter et ecclesiam beati Georgii reconciliavit temporibus Basilii juniores" (Codex pontificalis Ecclesiae Ravennatis, in RIS, II, 3, p. 217; cf. anche p. 118). Altra chiesa dedicata al santo, S. Georgii de porticibus, si trovava nella Regio Caesarum. Dalla capitale bizantina il culto si estese ben presto a Ferrara (ca. 657) dove fu scelto quale patrono della città primitiva ed in seguito della nuova, dopo la traslazione di reliquie nella nuova cattedrale (1110-35).
A Cornate (Milano) il re Cuniberto (678-688) dedicava una chiesa a San Giorgio (C. Marcora, Il messale di Civate, Civate 1958, p. 38) e a Napoli, agli inizi del sec. V, il vescovo Severo fondava la basilica di San Giorgio Maggiore (Mallardo, p. 577). Nei paesi bizantini fu venerato, unito a San Demetrio, con l'appellativo di «Dioscuri cristiani» (cf. A. Stylianon, The pointed churches of Cyprus, Cipro 1964, p. 145, fig. 68).
Agli inizi del sec. VI Clodoveo, re dei Franchi, dedicò un monastero al santo e San Germano di Parigi (m. 576) ne diffuse il culto.
In Inghilterra, la fama del martire palestinese era già ampiamente diffusa sin dall'epoca anglosassone, ma il suo culto assunse ancora maggiore sviluppo dopo la conquista normanna (sec. XI) quando in tutto il paese gli furono dedicate numerose chiese.
Le invasioni musulmane, interrompendo il flusso dei pellegrinaggi verso l'Oriente, parvero far decadere il culto di Giorgio; ma le Crociate ne segnano una nuova fase ed esso si riaccende con maggiore intensità quando i Crociati furono da lui assistiti mentre stavano per essere sconfitti dai Saraceni ad Antiochia nel 1089. Conquistata Giaffa e la vicina Lydda i Crociati ricostruirono la basilica cimiteriale incendiata dal califfo Hakõm ottant'anni prima. È di questo periodo la diffusione in Occidente dell'episodio della fanciulla liberata dal dragone per intervento di Giorgio. Tale racconto, accreditato da Giacomo di Varazze nella Legenda aurea, non si trova, ovviamente, nelle fonti più antiche.
Per tutto il Medio Evo, si rinsalda in Inghilterra il culto già nel passato tributato a Giorgio; Riccardo I durante la III Crociata disse di aver visto il santo con lucente armatura guidare le truppe cristiane alla vittoria; al tempo di Enrico III, la festa di Giorgio fu considerata festa d'obbligo; Edoardo III introdusse il famoso grido di battaglia St. George for England, e fondò nel 1348 l'Ordine di S. Giorgio, detto «della Giarrettiera»; al tempo di Enrico V l'arcivescovo di Ganterbury prescriveva per la festa del santo la stessa solennità del Natale. Ancora oggi gli Anglicani hanno conservato il nome di Giorgio nel loro calendario e la rossa croce di San Giorgio in campo bianco campeggia sulla bandiera inglese.
I paesi che hanno il santo martire palestinese come patrono sono innumerevoli: prime fra tutte le città marinare di Genova, Venezia e Barcellona da cui, coi Crociati, partivano i commercianti per l'Oriente. Tra i molti Ordini religiosi e cavallereschi, oltre ai Benedettini a lui devoti, ricordiamo l'Ordine Teutonico, il già citato «Ordine della Giarrettiera», l'Ordine militare di Calatrava di Aragona, a cui Bonifacio IX concesse di portare in guerra vexilla sancti Georgii (Reg. Aven. 305, f. 289v.), ed il "Sacro militare Ordine Costantiniano di San Giorgio", la cui fondazione, senza peraltro solide basi storiche, è da alcuni attribuita a Costantino e da altri ad Angelo Comneno nel 1190. Nel 1690, Andrea Flavio, l'ultimo dei Comneni, cedette i suoi diritti a Gianfrancesco Farnese duca di Parma, che, a sua volta, li cedette all'Infante di Spagna divenuto re di Napoli, il quale diede all'Ordine il nome attuale, oltre che una nuova costituzione. Gli ultimi statuti risalgono al 1934; l'Ordine è riconosciuto dalla Santa Sede. L'insegna è una croce gigliata, smaltata di porpora, con al centro il monogramma; negli angoli della croce le lettere I H S V (In Hoc Signo Vinces).
Giorgio è inoltre protettore, con San Sebastiano e San Maurizio, dei cavalieri e dei soldati, degli arcieri e degli alabardieri, degli armaioli, dei piumaroli (elmo) e dei sellai; infine era invocato contro i serpenti velenosi, contro la peste, la lebbra e la sifilide e, nei paesi slavi, contro le streghe.
La celebrazione liturgica
I calendari orientali riportano la commemorazione di Giorgio al 23 aprile recensendone le gesta secondo le passiones conosciute (J. M. Fiey, Le Sanctoral syrien oriental d'après les Evangéliaires et Bréviaires du XI au XIII siècle, in L'Orient syrien, VIII [1963], p. 37), alla stessa data lo commemora il Calendario marmoreo di Napoli del sec. IX, di spiccata influenza bizantina (D. Mallardo, Il Calendario marmoreo di Napoli, in Ephemerides liturgicae, XVIII [1947], pp. 149-50).
Anche i calendari delle Chiese occidentali fissano la commemorazione anniversaria del martirio di San Giorgio al 23 aprile (W. H. Frere, Studies in early Roman Liturgy [ = Alcuin club collections, XXVIII], Oxford 1930, pp. 100-101; v. anche P. Perdrizet, Le calendrier parisien à la in du moyen-age, Parigi 1933, pp. 123-24; cf. p. 149) e solo le chiese dell'Italia settentrionale riportano la celebrazione al giorno seguente (24), come si ha da un calendario modenese del sec. XI (ed. B. Bacchini, in Rerum ital. script., II [1718], p. 145), dai Messali e Breviari ferraresi e dall'uso milanese che forse ha influenzato le diocesi dell'Emilia altra volta sue suffraganee (E. Cattaneo, L'evoluzione delle feste di precetto dal sec. XIV al XX, Milano 1956, pp. 74, 136, per gli anni 1396 e 1498; per Pavia cf.: L. Valle, Le reliquie di San Giorgio, Pavia 1903, p. 15, n. 1). Nel Martirologio Geronimiano figura al 15, 23, 24, 25 apr. e al 7 maggio, ma solo in codd. tardivi.
Il Sacramentario Leoniano del V sec. (ed. L. C. Mohlberg, p. 16) contiene i testi della Messa di San Giorgio martire e non di San Gregorio (Frere, loc. cit.) che venivano letti nella stazione che si teneva al Velabro "eius passio contulit hodiernum in tua virtute conventum"; mentre il più tardivo (secc. VII-VIII) Sacramentario Gregoriano (ed. H. A. Wilson, p. 27) sembra essere influenzato dalle fantastiche passiones (diversa supplicia sustinuit) cosí come gli antichi testi liturgici «propri», mentre l'orazione del Messale attuale era già in uso nei Sacramentari e Messali latini dal sec. IX (P. Bruylants, Les oraisons du Missel romain, II, in Etudes liturgiques, I, Lovanio 1952, n. 401).
Il sinodo provinciale di Colonia del 1308 (Kellner, p. 22) elencava la festa di San Giorgio tra quelle di precetto ed il De Officiis palatii di Giorgio Codino indicava il giorno di San Giorgio tra quelli in cui l'imperatore, al tempo dei Paleologi, partecipava solennemente alle celebrazioni religiose in Costantinopoli (ed. J. Goar, Bonn 1839, p. 81; cf. anche indice).
Fino a qualche decennio fa la festa di Giorgio era di precetto in diverse diocesi di cui era patrono (ad es. Ferrara, Gnesen), ma, mutate condizioni sociali, suggerirono la soppressione del precetto religioso, mentre ultimamente la Sacra Congregazione dei Riti ha ridotto di grado (e non soppressa come erroneamente fu scritto) tale festa per mancanza di notizie biografiche sicure da inserire nella liturgia (AAS, LII [1960], pp. 690, 706).
Reliquie
Grande venerazione riscosse il sepolcro del martire e le sue reliquie furono trasferite probabilmente durante l'invasione persiana all'inizio del sec. VII o poco dopo, all'arrivo dei musulmani.
San Gregorio, vescovo di Tours (m. 594), nell'opera Miracolorum liber, I, CI (ed. T. Ruinart, in PL, LXXI, coll. 792-93) ricorda la traslazione di reliquie a Limoges ed a Le Mans. A Roma il cranio del martire riscosse venerazione nella basilica di S. Giorgio in Velabro fin dal sec. VIII; nel 1600 ne fu trasferita una parte a Ferrara. Nell'852 Pietro della Marca spagnola ricorda la traslazione in Spagna di reliquie di San Giorgio e di San Aurelio (Marca Hispanica, Parigi 1688, col. 357). Il conte Roberto di Fiandra, nel 1110 portò a Ferrara un braccio di San Giorgio, donandolo alla contessa Matilde la quale, a sua volta, lo donò alla nuova cattedrale della città che venne dedicata al santo nel 1135, come ci attesta la prima iscrizione poetica italiana (G. Bertoni, La fondazione della cattedrale di Ferrara e l'iscrizione del 1135, in La cattedrale di Ferrara, Verona 1937, pp. 129-37; v. anche: G. Pistarino, Le iscrizioni ferraresi del 1135, in Studi medievali, sez. III, V, Spoleto 1964, pp. 66-160):
«Il mille cento trenta cenque nato
fo questo templo a san Giorgio donato
da Glielmo ciptadin per so amore
et ne fo l'opra Nicolao scolptore».
La stessa reliquia, nel 1388, fu racchiusa dal vescovo Marcapesi in un artistico reliquiario d'argento (M. A. Guarini, Compendio historico delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 14-15). Nel 1462, al tempo dell'abate di San Giorgio Maggiore, Teofilo Beacqui da Milano, con grande pompa un altro braccio di Giorgio fu accolto a Venezia (G. Damerini, L'isola e il cenobio di San Giorgio Maggiore, Venezia 1956, pp. 95 sgg., 136).
ICONOGRAFIA
Sarebbe compito difficile, per non dire impossibile, elencare tutte le rappresentazioni relative alla leggenda di Giorgio, perché in questo cavaliere crociato, vincitore del drago, si assommano innumerevoli elementi che hanno radici nelle più antiche mitologie e che, dalle primitive tradizioni cristiane, traggono l'eterna suggestione del male combattuto e vinto e della fede testimoniata col martirio. Per questo appunto sono facili, nella iconografia di Giorgio, le contaminazioni con altri personaggi, sacri o storici, come, ad esempio il Santiago degli spagnoli (San Giacomo il Maggiore), San Maurizio, San Martino e l'imperatore Costantino. Ciò, inoltre, spiega più che a sufficienza l'abbondanza dell'iconografia stessa, la quale, volta a volta rispecchia il culto tributato ininterrottamente in Oriente a Giorgio, la sua assunzione in Occidente a simbolo di intrepida virtù, l'ispirazione fornita all'arte e alle rappresentazioni popolari, nonché ai poemi cavallereschi.
Sebbene generalmente si affermi che nel sec. XVI, tramontando in Occidente il mito della cavalleria, il culto - e, quindi, l'iconografia - di Giorgio siano stati trasferiti essenzialmente in Oriente, dove avevano avuto origine, non vi è forse stato artista europeo che, dopo quella data, non abbia subito il fascino del tema eroico del guerriero di Dio in lotta con il mostro.
Prima di tentare quello che non potrà essere che un giro d'orizzonte sul complesso argomento della iconografia di Giorgio, occorre ricordare come la sua immagine, oltre che nelle raffigurazioni di schietta ispirazione religiose, divenne simbolo frequente negli stemmi, nei suggelli, nelle bandiere e negli stendardi di città e nazioni che ne riconobbero il patronato, di ordini cavallereschi e di associazioni d'arma o di mestiere. Tra le città ricorderemo Genova e Barcellona, non dimenticando Venezia che a Giorgio dedicò ben tre chiese.
Tra le nazioni si può notare tra tutte l'Inghilterra che fatto suo lo stendardo crociato di Giorgio, dedicandogli il patronato dell'Ordine della Giarrettiera, così come in Germania sono stati posti sotto la sua protezione gli appartenenti all'Ordine teutonico. Numerosissime sono poi le associazioni che in passato, e ancora al presente, hanno assunto come simbolo l'immagine di Giorgio, protettore dei cavalieri, degli armaioli, degli arceri, ecc.
Passando all'iconografia religiosa noteremo che molte raffigurazioni, tra le più antiche, rappresentano generalmente Giorgio isolato, a piedi e con il capo nudo dai lunghi e giovanili capelli. Gli attributi sono sempre la corazza, la spada, la lancia (che in certi casi appare spezzata), talvolta lo stendardo crociato. L'immagine del santo a cavallo fa, invece, il più delle volte, parte della scena della lotta contro il drago e compare con maggiore frequenza nelle opere d'arte che illustrano i cicli e i fatti della vita. Il cavallo è prevalentemente bianco.
Iniziando un elenco, più che altro - come si è detto - indicativo delle une e delle altre raffigurazioni, si possono citare numerose sculture: del sec. XIII il bassorilievo della porta di San Giorgio a Firenze, la statua del portico della cattedrale di Chartres, del sec. XIV la statua nella torre della cattedrale di Friburgo e quella di legno dorato, custodita nel Museo di Digione. Eccelle fra tutte la statua sulla facciata di Orsammichele a Firenze, opera di Donatello (sec. XV), mentre al sec. XVI appartengono la statua sulla facciata di San Giorgio Maggiore a Venezia e quella bronzea nell'interno della stessa chiesa, opera di Nicolò Roccatagliata (1593), e infine, sempre in detta chiesa, la pala lignea intagliata e colorita attribuita a Pietro da Salò (sec. XVI). Pure opera di Pietro da Salò è il rilievo sul portale di San Giorgio degli Schiavoni, sempre a Venezia, dove Giorgio è anche presente in un bassorilievo della facciata di San Marco. Restando ancora nel campo della scultura, ritroviamo la scena della lotta con il drago nei bassorilievi della tomba dei cardinali d'Amboise (1520) nella cattedrale di Rouen.
Passando alle opere pittoriche che arricchiscono l'iconografia di Giorgio, particolare attenzione meritano le innumerevoli figurazioni bizantine, che portano l'impronta della persistente vitalità della leggenda nei luoghi stessi dove essa ebbe origine. Gli affreschi nei conventi del Monte Athos e, in particolare, del Protaton, della laura Catholicon (in cui Giorgio appare con San Demetrio), del Xenophon (in cui, cosa rara, il santo è cefaloforo) ci rimandano tutti una immagine presso a poco simile: un giovane guerriero dai capelli ricciuti, dalla corazza romana, con spada, lancia e scudo. Nella scena del martirio di San Autonomos, del Dyonision Trapeza, Giorgio è raffigurato su un cavallo bianco. Ma le immagini piú caratteristiche e fantasiose ce le hanno date i pittori di icone. Nella pittura russa il santo ha un posto del tutto speciale: va ricordata in modo particolare quella icona della scuola di Novgorod (sec. XVI), che riassume in tutti i loro elementi le componenti della leggenda: Giorgio a cavallo contro il drago, la fanciulla in pericolo, il popolo affacciato alle torri della città, che attende l'esito della prova. Una scena simile è riproposta in una icona, ora nel Museo di Oradea (Romania), in cui compare, però, un altro giovane che cavalca sullo stesso destriero del santo, elemento che qualche volta si ritrova anche altrove. Ancora rappresentativi della iconografia orientale sono gli affreschi del Monastero di Staro Magoricino in Serbia (1318) e, infine, gli affreschi della chiesa di Sucevitza (Bucovina), del sec. XVII. In occidente la pittura ha dato un essenziale contributo alla iconografia di Giorgio e tra gli artisti, meritano il primo posto i pittori italiani. Vogliamo ricordare tra i primi il dipinto attribuito dal Berenson a Paolo Uccello, ora nella National Gallery di Londra, per il suo carattere quasi surrealista, in cui all'enorme drago dalle grandi ali ocellate, fa contrasto una esilissima vergine e al massiccio cavallo bianco si oppone un Giorgio adolescente, con un volto quasi infantile. Nel 1462 il Mantegna in un dipinto, ora all'Accademia di Venezia, ha rappresentato il santo in armi, ma con la lancia spezzata e Cosmè Tura, nel 1469, lo ha egualmente raffigurato in una tempera, già portello d'organo, nella cattedrale di Ferrara. Nello stesso secolo il Correggio dipinse Giorgio accanto alla Vergine per la chiesa dei Domenicani di Modena (ora nella Galleria di Dresda), mentre Carlo Crivelli, in una formella della pala d'altare detta Madonna della rondine (National Gallery di Londra) presenta un Giorgio dalla pesante ed elaboratissima armatura, la spada levata contro il mostro.
Nel sec. XV il Pisanello ritraeva Giorgio, che si accinge ad affrontare la lotta, per la chiesa di Sant'Anastasia a Verona, e il Carpaccio trattava lo stesso tema in una serie famosa di dipinti (1501-1503) nella scuola di San Giorgio degli Schiavoni a Venezia, unitamente alle storie dei santi Girolamo e Trifone. Altri episodi della leggenda sono stati affrescati da Altichiero Altichieri e Iacopo Avanzi nell'oratorio di San Giorgio a Padova (sec. XIV). Anche Raffaello non si sottrasse al fascino del personaggio dipingendo in età giovanile, nel 1504, su ordinazione di Guidobaldo da Urbino, una tavoletta in cui Giorgio appare a cavallo, con elmo e corazza, e alza la spada sul drago, mentre a terra giace la lancia spezzata. Nel numero delle opere che hanno proposto interi cicli della leggenda, ancora a Venezia, nel sec. XVI, il Veronese dipinse il martirio di Giorgio per la chiesa di San Giorgio Maggiore. Va fatto, infine, cenno alle numerose miniature sia dei mss. orientali sia dei Libri d'Ore e Breviari occidentali. Per ricordarne alcuni: citiamo quella del Libro d'Ore del maresciallo di Boucicault (Museo Jacquemart-André di Parigi, sec. XIV) e quella del Breviaro del Duca di Bedford (Parigi, Gal. Naz.).
Non si esaurisce certo con questi cenni il fitto elenco di immagini relative a Giorgio Quanto in questa sede è stato esposto può dare tuttavia un'idea della ricchezza iconografica a lui dedicata in Oriente e in Occidente.
IL CULTO DI SAN GIORGIO A CHIRIGNAGO E NELLA CITTÀ DI VENEZIA
Quando pensiamo al nostro patrono San Giorgio, subito ci viene in mente la figura del cavaliere eroico che affronta il drago, descritta nella leggenda aurea dal Beato Jacopo da Varazze. Questo racconto è talmente famoso da aver influenzato tutta l’arte e l’iconografia, facendo così passare in secondo piano la realtà storica di Giorgio, martire cristiano nato a Lydda (Diospoli), in Palestina, nel terzo secolo dopo Cristo.
Sono infatti molti i Chirignaghesi che in occasioni diverse si sono recati in pellegrinaggio in Terra Santa, ma sono in pochi a sapere che ad appena 50 km a nord-ovest di Gerusalemme, nella città di Lod presso Tel Aviv, ovvero l’antica Georgiopolis, si trova la tomba del nostro patrono, nella cripta della Basilica crociata a lui dedicata, oggi di rito greco-ortodosso.
La reliquia del cranio decapitato di Giorgio è invece conservata a Roma, nella chiesa di San Giorgio al Velabro, dove Papa Zaccaria la portò dalla Cappadocia nell’VIII secolo. Proprio la chiesa romana è la sede del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, che molto probabilmente è il più antico ordine cavalleresco della cristianità. Questa associazione di fedeli è in qualche modo legata alla storia di Chirignago. Infatti il 42° Gran Maestro dell’Ordine, il Principe di Macedonia e Duca di Drivasto e Durazzo, Girolamo II Angelo Flavio Comneno, discendente della più importante dinastia imperiale di Bisanzio, morì il 16 gennaio 1687, a 60 anni, proprio mentre si trovava a Chirignago. Fu confessato dal cappellano don Francesco Franerso, che gli conferì anche l’unzione degli infermi. Le spoglie illustri furono inumate tra i recinti dell’altare di Santa Lucia della chiesa parrocchiale precedente.
La consacrazione della nostra chiesa a San Giorgio fa pensare all’attività dei benedettini del monastero veneziano di San Giorgio Maggiore, al quale appartenevano gran parte dei terreni limitrofi sin dal 1022*. Questo dato ci permette di fare qualche considerazione sulla grande diffusione del culto di San Giorgio nella città di Venezia.
Nel tesoro della Basilica di San Marco è conservato un osso del braccio di San Giorgio, portato a Venezia dal Doge Enrico Dandolo dopo la conquista di Costantinopoli (1204), nella IV Crociata. Il braccio del santo è contenuto all’interno di un preziosissimo reliquiario in filigrana d’oro, argento cesellato e smalti traslucidi.
In ambito cattolico bisogna ricordare l’isola di San Giorgio in Alga, sede fin dal IX secolo di un monastero benedettino, dove nel 1397 fu fondato un Ordine di Canonici Regolari da cui uscirono San Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia, il beato Ludovico Barbo, riformatore del monachesimo benedettino e vescovo di Treviso, Angelo Correr, futuro Papa Gregorio XII, e Gabriele Condulmer, che divenne Papa Eugenio IV.
L’isola di San Giorgio Maggiore fu chiamata così proprio per distinguerla da quella omonima di San Giorgio in Alga. In pochi sanno che nel coro notturno della Basilica palladiana, nel 1800, si tenne l’ultimo conclave della storia ad aver avuto luogo fuori Roma, con l’elezione di Papa Pio VII. Nel monastero adiacente, che ospita anche la prestigiosa Fondazione Giorgio Cini, opera tuttora la comunità di monaci benedettini. Nell’Anno Santo 1975 la comunità di Chirignago volle compiere un “gemellaggio” con la comunità monastica di San Giorgio Maggiore: l’Abate Egidio Zaramella celebrò un solenne pontificale nella nostra chiesa, in occasione della festa della Dedicazione.
Non possiamo poi dimenticare la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, una delle più importanti scuole di mestiere e di devozione, frequentata dagli immigrati dalmati residenti e di passaggio a Venezia. Splendido è il ciclo di pitture di Vittore Carpaccio conservato al suo interno.
Ma San Giorgio in città è venerato anche dai fratelli delle altre confessioni cristiane. L’unica chiesa di culto anglicano dal 1604 è la Saint George’s Church, in Campo San Vio, a pochi passi dal consolato inglese. I cristiani greco-ortodossi invece dal 1539 hanno sede nella chiesa di San Giorgio dei Greci, una delle più antiche e splendide chiese ortodosse al mondo. La chiesa è anche cattedrale dell’Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e di Malta, sede dell’Esarcato per l’Europa Meridionale, ed è l’emblema di tutti i cristiani ortodossi d’Italia.
San Giorgio è quindi un santo ecumenico, venerato da tutti i cristiani di tutte le confessioni, anche nella nostra città. Un santo onorato anche dai musulmani, che gli diedero l’appellativo di “profeta”. Un santo che potrebbe e dovrebbe essere per noi cristiani cattolici di Chirignago un punto di incontro e di conoscenza reciproca con i fratelli delle altre comunità ecclesiali.
In onore di questo grande santo ogni 23 aprile, in tutto il mondo, vengono celebrate Sante Messe solenni, con processioni e sacri riti. Anche noi ci poniamo sotto la sua protezione e gli chiediamo di affrettare l’ora in cui tutte le comunità ecclesiali si riconosceranno nell’unica comunione, perché “tutti siano una cosa sola… perché il mondo creda” (Gv 17,21).
tratto da "El Campanon" di Pentecoste 2010 (1.0 Mb - .pdf), pagg. 6 e 7
* È probabile che il titolo liturgico San Giorgio, patrono della parrocchia di Chirignago, sia dovuto ad una colonizzazione della zona da parte dei benedettini di San Giorgio maggiore di Venezia. Infatti le località di Asseggiano a nord di Chirignago e di Catene, a est del paese, appartennero sino a tutto il 1700 al monastero di San Giorgio: tra l’altro nel 1458 esso godeva del pecoratico o imposta sulle pecore. L'intero territorio a ovest di Mestre era diventato gradualmente possesso di San Giorgio Maggiore, con i primi acquisti avvenuti il 27 agosto 1022. Già dal 1120 tre mansi giacevano "in confino Piragi et Clarignani".
Oppure il Santo è diventato patrono della località, poichè qui poteva esistere una stazione di militari, lungo la Via Desman, l'attuale Miranese. Quasi dovunque nel Veneto, e in generale in Italia, San Giorgio è patrono di parrocchie, collegate a sedi militari di Longobardi e Carolingi.
Abbiamo notizie sicure di una "Ecclesia Clarignaghi" dedicata a San Giorgio nell’anno 1123, in quanto tutta la zona dal Tarù a Fusina era possedimento del monastero benedettino di San Giorgio Maggiore di Venezia, con la sua celebre abbazia fondata nel 982, che intitolava al Santo i propri terreni. Il 2 maggio 1123, all'atto di compera di un manso, cioè un vasto appezzamento di terreno, che Enrico, Alberto, Ecilo e Arsenio del fu Giovanni de Clerignago, assieme a Puviza (o Cuniza) vedova di Giovanni da Clarignano, acquistano dall'abate di San Giorgio, nella dichiarazione dei confini, si precisa che verso occidente c'è "ecclesia Clarignani".
Chirignago risulta terra del vescovo di Treviso Ulderico III, il quale nel 1178 possiede qui suoi vassalli ed istituisce (1330) una prebenda per il rettore della chiesa, evidentemente dedito alla cura spirituale dei suoi dipendenti. Chirignago, con Botenigo, Caene ed Azzegian facevano parte del feudo immenso del presule della marca. San Giorgio nasceva come chiesa curata campestre per i bisogni della gente rurale del feudo.
Probabilmente quindi la chiesa, in origine, apparteneva all’ordine benedettino, che, attorno al 1100, possedeva dei terreni nella zona di Chirignago. La parrocchia di Chirignago infatti era, anticamente, sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Sant’Ilario, che si trovava in un’isoletta della laguna, di fronte ai Moranzani. Più tardi passò sotto la giurisdizione della diocesi di Treviso.
LA CROCE DI SAN GIORGIO
La croce di San Giorgio è una bandiera costituita da una croce rossa in campo bianco; graficamente è complementare alla croce di San Giovanni Battista. Originariamente vessillo della Repubblica di Genova, venne poi utilizzata dai crociati e in seguito adottata dall'Inghilterra, nonché da molte altre nazioni e città.
La simbologia del Salvifico vessillo della vera croce, come Jacopo da Varagine indicò la croce di San Giorgio, determinò nel medioevo, per i pellegrinaggi armati, l'appellativo di crociati. La Croce di San Giorgio venne quindi scelta come simbolo dei pellegrini che si recavano presso i luoghi santi del Cristianesimo e che dopo il 1095, anno di conquista di Gerusalemme da parte dei Turchi selgiuchidi, mossi in gran parte (in un primo momento) da spirito sincero di missione, decisero di prendere la croce ed armarsi per liberare la terra ove nacque e visse Gesù Cristo, in risposta ai ripetuti attacchi subiti dai Turchi, decisi, soverchiati gli Arabi, a spingersi alla conquista dell'impero Bizantino.
L'uso del vessillo da parte dei genovesi, invece, pare risalire ad epoche remote, quando l'esercito bizantino stanziava nella città, e il vessillo della guarnigione (una croce rossa in campo bianco) veniva portata in omaggio nella piccola chiesa di San Giorgio, ma è di sicuro attestato nel 1096.
Nel 1190 Londra e l'Inghilterra chiesero e ottennero la possibilità di utilizzo della bandiera crociata per avere le loro navi protette dalla flotta genovese nel Mar Mediterraneo e in parte del Mar Nero dai numerosi attacchi di pirateria; per questo privilegio il monarca inglese corrispondeva al Doge della Repubblica di Genova un tributo annuale. L'Inghilterra, la città di Londra e la Royal Navy issano tutt'oggi la bandiera di San Giorgio ed è la loro bandiera nazionale.
In seguito alla creazione dell'odierno Regno Unito, si è creata la Union Flag (o Union Jack), risultata dalla sovrapposizione, delle bandiere di Inghilterra, Scozia e della vecchia bandiera adottata dalla corona britannica per l'Irlanda.
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