mercoledì 23 aprile 2014

SAN GIORGIO


S. Giorgio, il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino. (Mess. Rom.)

Patronato: Arcieri, Cavalieri, Soldati, Scout, Esploratori/Guide AGESCI

Etimologia: Giorgio = che lavora la terra, dal greco


Emblema: Drago, Palma, Stendardo



Martirologio Romano: San Giorgio, martire, la cui gloriosa lotta a Diospoli o Lidda in Palestina è celebrata da tutte le Chiese da Oriente a Occidente fin dall’antichità.
Per avere un’idea del diffusissimo culto che il santo cavaliere e martire Giorgio, godé in tutta la cristianità, si danno alcuni dati. Nella sola Italia vi sono ben 21 Comuni che portano il suo nome; Georgia è il nome di uno Stato americano degli U.S.A. e di una Repubblica caucasica; sei re di Gran Bretagna e Irlanda, due re di Grecia e altri dell’Est europeo, portarono il suo nome.
È patrono dell’Inghilterra, di intere Regioni spagnole, del Portogallo, della Lituania; di città come Genova, Campobasso, Ferrara, Reggio Calabria e di centinaia di altre città e paesi. Forse nessun santo sin dall’antichità ha riscosso tanta venerazione popolare, sia in Occidente che in Oriente; chiese dedicate a San Giorgio esistevano a Gerusalemme, Gerico, Zorava, Beiruth, Egitto, Etiopia, Georgia da dove si riteneva fosse oriundo; a Magonza e Bamberga vi erano delle basiliche; a Roma vi è la chiesa di S. Giorgio al Velabro che custodisce la reliquia del cranio del martire palestinese; a Napoli vi è la basilica di San Giorgio Maggiore; a Venezia c’è l’isola di San Giorgio.
Vari Ordini cavallereschi portano il suo nome e i suoi simboli, fra i più conosciuti: l’Ordine di San Giorgio, detto “della Giarrettiera”; l’Ordine Teutonico, l’Ordine militare di Calatrava d’Aragona; il Sacro Ordine Costantiniano di San Giorgio, ecc.
È considerato il patrono dei cavalieri, degli armaioli, dei soldati, degli scouts, degli schermitori, della Cavalleria, degli arcieri, dei sellai; inoltre è invocato contro la peste, la lebbra e la sifilide, i serpenti velenosi, le malattie della testa, e particolarmente nei paesi alle pendici del Vesuvio, contro le eruzioni del vulcano.
Il suo nome deriva dal greco ‘ghergós’ cioè ‘agricoltore’ e lo troviamo già nelle ‘Georgiche’ di Virgilio e fu portato nei secoli da persone celebri in tutti i campi, oltre a re e principi, come Washington, Orwell, Sand, Hegel, Gagarin, De Chirico, Morandi, il Giorgione, Danton, Vasari, Byron, Simenon, Bernanos, Bizet, Haendel, ecc.
In Italia è diffuso anche il femminile Giorgia, Giorgina; in Francia è Georges; in Inghilterra e Stati Uniti, George; Jörg e Jürgens in Germania; Jorge in Spagna e Portogallo; Gheorghe in Romania; Yorick in Danimarca; Yuri in Russia. La Chiesa Orientale lo chiama il “Megalomartire” (il grande martire). 
Detto tutto questo, si può capire come il suo culto così diffuso in tutti i secoli, abbia di fatto superato le perplessità sorte in seno alla Chiesa, che in mancanza di notizie certe e comprovate sulla sua vita, nel 1969 lo declassò nella liturgia ad una memoria facoltativa; i fedeli di ogni luogo dove è venerato, hanno continuato comunque a tributargli la loro devozione millenaria.
La sua figura è avvolta nel mistero, da secoli infatti gli studiosi cercano di stabilire chi veramente egli fosse, quando e dove sia vissuto; le poche notizie pervenute sono nella “Passio Georgii” che il ‘Decretum Gelasianum’ del 496, classifica tra le opere apocrife (supposte, non autentiche, contraffatte); inoltre in opere letterarie successive, come “De situ terrae sanctae” di Teodoro Perigeta del 530 ca., il quale attesta che a Lydda (Diospoli) in Palestina, oggi Lod presso Tel Aviv in Israele, vi era una basilica costantiniana, sorta sulla tomba di san Giorgio e compagni, martirizzati verosimilmente nel 303, durante la persecuzione di Diocleziano (detta basilica era già meta di pellegrini prima delle Crociate, fino a quando il sultano Saladino (1138-1193) la fece abbattere).
La notizia viene confermata anche da Antonino da Piacenza (570 ca.) e da Adamnano (670 ca) e da un’epigrafe greca, rinvenuta ad Eraclea di Betania datata al 368, che parla della “casa o chiesa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni”. 
I documenti successivi, che sono nuove elaborazioni della ‘passio’ leggendaria sopra citata, offrono notizie sul culto, ma sotto l’aspetto agiografico non fanno altro che complicare maggiormente la leggenda, che solo tardivamente si integra dell’episodio del drago e della fanciulla salvata da San Giorgio.
La ‘passio’ dal greco, venne tradotta in latino, copto, armeno, etiopico, arabo, ad uso delle liturgie riservate ai santi; da essa apprendiamo come già detto senza certezze, che Giorgio era nato in Cappadocia ed era figlio di Geronzio persiano e Policronia cappadoce, che lo educarono cristianamente; da adulto divenne tribuno dell’armata dell’imperatore di Persia Daciano, ma per alcune recensioni si tratta dell’armata di Diocleziano (243-313) imperatore dei romani, il quale con l’editto del 303, prese a perseguitare i cristiani in tutto l’impero.
Il tribuno Giorgio di Cappadocia allora distribuì i suoi beni ai poveri e dopo essere stato arrestato per aver strappato l’editto, confessò davanti al tribunale dei persecutori, la sua fede in Cristo; fu invitato ad abiurare e al suo rifiuto, come da prassi in quei tempi, fu sottoposto a spettacolari supplizi e poi buttato in carcere. Qui ha la visione del Signore che gli predice sette anni di tormenti, tre volte la morte e tre volte la resurrezione.
E qui la fantasia dei suoi agiografi, spazia in episodi strabilianti, difficilmente credibili: vince il mago Atanasio che si converte e martirizzato; viene tagliato in due con una ruota piena di chiodi e spade; risuscita operando la conversione del ‘magister militum’ Anatolio con tutti i suoi soldati che vengono uccisi a fil di spada; entra in un tempio pagano e con un soffio abbatte gli idoli di pietra; converte l’imperatrice Alessandra che viene martirizzata; l’imperatore lo condanna alla decapitazione, ma Giorgio prima ottiene che l’imperatore ed i suoi settantadue dignitari vengono inceneriti; promette protezione a chi onorerà le sue reliquie ed infine si lascia decapitare.
Il culto per il martire iniziò quasi subito, come dimostrano i resti archeologici della basilica eretta qualche anno dopo la morte (303?) sulla sua tomba nel luogo del martirio (Lydda); la leggenda del drago comparve molti secoli dopo nel Medioevo, quando il trovatore Wace (1170 ca.) e soprattutto Jacopo da Varagine († 1293) nella sua “Leggenda Aurea”, fissano la sua figura come cavaliere eroico, che tanto influenzerà l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la fantasia popolare.
Essa narra che nella città di Silene in Libia, vi era un grande stagno, tale da nascondere un drago, il quale si avvicinava alla città, e uccideva con il fiato quante persone incontrava. I poveri abitanti gli offrivano per placarlo, due pecore al giorno e quando queste cominciarono a scarseggiare, offrirono una pecora e un giovane tirato a sorte.
Un giorno fu estratta la giovane figlia del re, il quale terrorizzato offrì il suo patrimonio e metà del regno, ma il popolo si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli, dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane fanciulla piangente si avviò verso il grande stagno.
Passò proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio, il quale saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessina, promettendole il suo intervento per salvarla e quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo pestifero dalle narici, Giorgio non si spaventò, salì a cavallo e affrontandolo lo trafisse con la sua lancia, ferendolo e facendolo cadere a terra.
Poi disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la sua cintura al collo del drago; una volta fatto ciò, il drago prese a seguirla docilmente come un cagnolino, verso la città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li rassicurò dicendo: "Non abbiate timore, Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: Abbracciate la fede in Cristo, ricevete il battesimo e ucciderò il mostro".
Allora il re e la popolazione si convertirono e il prode cavaliere uccise il drago facendolo portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi. La leggenda era sorta al tempo delle Crociate, influenzata da una falsa interpretazione di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino, trovata a Costantinopoli, dove il sovrano schiacciava col piede un drago, simbolo del “nemico del genere umano”.
La fantasia popolare e i miti greci di Perseo che uccide il mostro liberando la bella Andromeda, elevarono l’eroico martire della Cappadocia a simbolo di Cristo, che sconfigge il male (demonio) rappresentato dal drago. I crociati accelerarono questa trasformazione del martire in un santo guerriero, volendo simboleggiare l’uccisione del drago come la sconfitta dell’Islam; e con Riccardo Cuor di Leone (1157-1199) san Giorgio venne invocato come protettore da tutti i combattenti.
Con i Normanni il culto del santo orientale si radicò in modo straordinario in Inghilterra e qualche secolo dopo nel 1348, re Edoardo III istituì il celebre grido di battaglia “Saint George for England”, istituendo l’Ordine dei Cavalieri di San Giorgio o della Giarrettiera. 
In tutto il Medioevo la figura di San Giorgio, il cui nome aveva tutt’altro significato, cioè ‘agricoltore’, divenne oggetto di una letteratura epica che gareggiava con i cicli bretone e carolingio. Nei Paesi slavi assunse la funzione addirittura ‘pagana’ di sconfiggere le tenebre dell’inverno, simboleggiate dal drago e quindi di favorire la crescita della vegetazione in primavera; una delle tante metamorfosi leggendarie di quest’umile martire, che volle testimoniare in piena libertà, la sua fede in Cristo, soffrendo e donando infine la sua giovane vita, come fecero in quei tempi di sofferenza e sangue, tanti altri martiri di ogni età, condizione sociale e in ogni angolo del vasto impero romano.
San Giorgio è onorato anche dai musulmani, che gli diedero l’appellativo di ‘profeta’. Enrico Pepe sacerdote, nel suo volume ‘Martiri e Santi del Calendario Romano’, conclude al 23 aprile giorno della celebrazione liturgica di San Giorgio, con questa riflessione: “Forse la funzione storica di questi santi avvolti nella leggenda è di ricordare al mondo una sola idea, molto semplice ma fondamentale, il bene a lungo andare vince sempre il male e la persona saggia, nelle scelte fondamentali della vita, non si lascia mai ingannare dalle apparenze”.


Sotto il tuo manto librato al vento
da ogni male Tu ci difendi
San Giorgio Martire e vittorioso
su Niella Belbo veglia pietoso.

Rit.:
Tu ci assisti, o gran protettore
nella lotta col drago infernale
finchè Iddio di lauro immortale
la corona ci doni nel ciel.

San Giorgio uccide il DragoIl dragon rio che fu l'antico 
ribelle a Dio a noi nemico
San Giorgio Martire sotto il tuo brando
è vinto e piegasi di rabbia urlando.

Sopra la Chiesa di Cristo sposa
una procella rugge impetuosa.
San Giorgio Martire tu dona pace
all'invincibile Chiesa verace. 


II. VITA


Secondo la «prima» leggenda e i successivi ampliamenti, fin dalla concezione Giorgio è predestinato a grandi cose; la sua nascita porta grande gioia ai genitori Geronzio, persiano, e Policronia, cappadoce, che lo educano religiosamente fino al momento in cui entra nel servizio militare.


Il martirio avviene sotto Daciano imperatore dei Persiani (che però in molte recensioni è sostituito da Diocleziano, imperatore dei Romani) il quale convoca settantadue re per decidere le misure da prendere contro i cristiani. Giorgio di Cappadocia, ufficiale delle milizie, distribuisce i beni ai poveri, e, davanti alla corte, si confessa cristiano; all'invito dell'imperatore di sacrificare agli dei si rifiuta ed iniziano le numerose e spettacolari scene di martirio. Giorgio viene battuto, sospeso, lacerato e gettato in carcere, dove ha una visione del Signore che gli predice sette anni di tormenti, tre volte la morte e tre la resurrezione. Quindi ha la meglio sul mago Atanasio che si converte e viene martirizzato; tagliato in due con una ruota irta di chiodi e spade, Giorgio risuscita convertendo il magister militum Anatolio e tutte le sue schiere che vengono passate a fil di spada. A richiesta del re Tranquillino risuscita diciassette persone morte da quattrocentosessant'anni, le battezza e la fa sparire; entra in un tempio pagano e con un alito abbatte gli idoli. L'imperatrice Alessandra si converte e viene martirizzata; l'imperatore lo condanna nuovamente a morte e il santo, prima di essere decapitato, implora da Dio che l'imperatore ed i settantadue re siano inceneriti; esaudita la sua preghiera si lascia decapitare promettendo protezione a chi onorerà le sue reliquie.


La leggenda della fanciulla liberata dal drago per opera di Giorgio sorse successivamente: sembra che il racconto di tale episodio sia nato, al tempo dei Crociati, dalla falsa interpretazione di un'immagine dell'imperatore Costantino che si trovava allora a Costantinopoli, cosí descritta da Eusebio (Vita Constantini, III, 3, in PG, XX, col. 1058) «salutare signum capiti suo superpositum imperator draconem (inimicum generis humani) telis per medium ventris confixum sub suis pedibus... depingi voluit», e dal XVII panegirico di San Giorgio, recitato da Sant'Andrea di Creta (ihíd., XCVII, col. 1189): «Benedictus Dominus qui non dedit nos in praedam dentibus eorum» (Ps. 123, 6).


La fantasia popolare ricamò sopra tutto ciò, ed il racconto, passando per l'Egitto, dove Giorgio ebbe dedicate molte chiese e monasteri, divenne una leggenda affascinante la cui diffusione fu probabilmente facilitata anche da una scena (di cui un esemplare si trova ora al Louvre), raffigurante il dio Horu, purificatore del Nilo, cavaliere dalla testa di falco, in uniforme romana, in atto di trafiggere un coccodrillo tra le zampe del cavallo.


Circa il nome, questo Giorgio non è da confondere con altri omonimi, né con i vari Gregorio, e l'etimologia del termine (= agricoltore) ha dato luogo ad originali commenti dell'analogo brano evangelico (Io. 15, 1-7). Inoltre, la qualità dei supplizi richiama la leggenda greca di Perseo e di Andromeda, e la celebre storia del drago, senza il quale non possiamo immaginare la figura di San Giorgio, si legge con tutti i suoi particolari nel Martirio di San Teodoro (Anal. Boll., II [1883], pp. 359 sgg.; cf. anche: I martiri di S. Teodoro e di S. Ariadne, in Franchi de' Cavalieri, 6, p. 92, n. 5).


Circa l'anno del martirio, il Ruinart, seguendo il Chronicon alexandrinum seu paschale (PG, XCVI, col. 680), fissa il 284; altri il 249-51; altri ancora, interpretando come Diocleziano il nome di Daciano, lo pongono al 303. Perché poi nella redazione più antica della passio, Diocleziano sia diventato Daziano, sembra da spiegare per la triste rinomanza acquistata da un governatore romano della Spagna nell'epoca dioclezianea, di nome appunto Daziano, tanto feroce contro i cristiani da esser chiamato il «drago degli abissi». Il nome tra il IV e il V sec. si diffuse in Oriente, tanto che fu poi portato da vari sovrani della Georgia. L'attribuzione, pertanto, del martirio di Giorgio al tempo di Diocleziano sembra la più probabile.



La sua professione di militare potrebbe derivare da una identificazione con il tribuno che strappò l'editto di Galerio contro i cristiani in Nicomedia, secondo quanto è narrato da Eusebio (Hist. eccl., VIII, 5, in PG, XX, coll. 749-52); ma la localizzazione del culto in Lydda rende improbabile tale identificazione.
Storia di san Giorgio e il drago nell'arte

CULTO


Forse nessun santo ha riscosso tanta venerazione popolare quanto San Giorgio e a testimonianza di ciò sono le innumerevoli chiese dedicate al suo nome.


A Gerusalemme esisteva nel sec. VI un monastero con chiesa a lui dedicata, come attesta un'epigrafe coeva (J. Perrot, in Syria, XXVII [1950], pp. 194-96); a Bisanzio, come abbiamo visto, era venerato nell'orfanotrofio.


A Gerico fu dedicato a San Giorgio nel sec. VI un monastero (P. Abel, in Revue Biblique, VIII .


A Zorava, nella Traconitide, un'iscrizione del 515 narra l'apparizione di San Giorgio a Giovanni figlio di Diomede (Delehaye, Origines, p. 86).


A Beiruth il santo riscosse grande venerazione specialmente dopo la vittoria dei Crociati (C. Astruc, Saint Georges à Beyrouth, in Anal. Boll., LXXVII [1959], pp. 54-62) e nell'Iraq numerose erano le chiese a lui dedicate (J.-M. Fiey, Mossoul chrétienne, Beiruth 1959, p. 105).


Grande venerazione riscosse Giorgio in Etiopia, dove la conoscenza delle sue gesta giunse attraverso l'Egitto, ed in Georgia, paese di cui fu ritenuto oriundo (V. Arras, Miraculorum S. Gregorii megalomartyris collectio altera, in CSChO, CXXXVIII-XXXIX, Script. aeth., 31-32, Lovanio 1953; id., La Collection éthiopienne des miracles de S. Georges, in Atti del Convegno internazionale di. Studi Etiopici..., Acc. Naz. dei Lincei, quad. 48, Roma 1960, pp. 273-84).


A Magonza, secondo le testimonianze di Venanzio Fortunato, il quale in cinque distici celebra le gesta del martire orientale, largamente venerato sub occiduo cardine, gli era stata dedicata una basilica a metà del sec. VI (Carm., II, 16, in PL, LXXXVIII, col. 107) ed a Bamberga, Enrico II fondò una chiesa in suo onore.


Anche in Italia il culto a San Giorgio fu assai diffuso. A Roma, Belisario (ca. 527) affidò alla protezione del santo la porta di San Sebastiano e ai due santi insieme è dedicata la chiesa del Velabro, dove venne trasferito il cranio di Giorgio trovato nel patriarchio lateranense da papa Zaccaria (Lib. pont., I, p. 434).

A Bari che la chiesa S.Giorgio, un tempo, il luogo tristemente descritto, fu una meta molto frequentata dai baresi, il culto era molto sentito, si celebrava una messa ogni domenica e in alcuni periodi le messe furono giornaliere. Il Lunedì di Pasqua e, in modo particolare, nel giorno 23 aprile (San Giorgio) si organizzava una delle feste campestri più popolari, molta gente si recava in pellegrinaggio per raccogliersi in preghiera e, dopo, festeggiava il Santo intorno alla chiesetta, in aperta campagna, rispettando la tradizionale festa campagnola organizzando alla buona, “na uascèzze” (scampagnata). 
VIDEO(S.GIORGIO DEGLI ARMENI A BARI)
VIDEO(CONDINZIONI DI OGGI)

A Ravenna fin dal sec. VI esisteva una chiesa a lui dedicata nel campo «Coriandro», presso il sepolcro di Teodorico, come ci attesta la biografia del vescovo Agnello (m. 570): "similiter et ecclesiam beati Georgii reconciliavit temporibus Basilii juniores" (Codex pontificalis Ecclesiae Ravennatis, in RIS, II, 3, p. 217; cf. anche p. 118). Altra chiesa dedicata al santo, S. Georgii de porticibus, si trovava nella Regio Caesarum. Dalla capitale bizantina il culto si estese ben presto a Ferrara (ca. 657) dove fu scelto quale patrono della città primitiva ed in seguito della nuova, dopo la traslazione di reliquie nella nuova cattedrale (1110-35).


A Cornate (Milano) il re Cuniberto (678-688) dedicava una chiesa a San Giorgio (C. Marcora, Il messale di Civate, Civate 1958, p. 38) e a Napoli, agli inizi del sec. V, il vescovo Severo fondava la basilica di San Giorgio Maggiore (Mallardo, p. 577). Nei paesi bizantini fu venerato, unito a San Demetrio, con l'appellativo di «Dioscuri cristiani» (cf. A. Stylianon, The pointed churches of Cyprus, Cipro 1964, p. 145, fig. 68).


Agli inizi del sec. VI Clodoveo, re dei Franchi, dedicò un monastero al santo e San Germano di Parigi (m. 576) ne diffuse il culto.


In Inghilterra, la fama del martire palestinese era già ampiamente diffusa sin dall'epoca anglosassone, ma il suo culto assunse ancora maggiore sviluppo dopo la conquista normanna (sec. XI) quando in tutto il paese gli furono dedicate numerose chiese.


Le invasioni musulmane, interrompendo il flusso dei pellegrinaggi verso l'Oriente, parvero far decadere il culto di Giorgio; ma le Crociate ne segnano una nuova fase ed esso si riaccende con maggiore intensità quando i Crociati furono da lui assistiti mentre stavano per essere sconfitti dai Saraceni ad Antiochia nel 1089. Conquistata Giaffa e la vicina Lydda i Crociati ricostruirono la basilica cimiteriale incendiata dal califfo Hakõm ottant'anni prima. È di questo periodo la diffusione in Occidente dell'episodio della fanciulla liberata dal dragone per intervento di Giorgio. Tale racconto, accreditato da Giacomo di Varazze nella Legenda aurea, non si trova, ovviamente, nelle fonti più antiche.


Per tutto il Medio Evo, si rinsalda in Inghilterra il culto già nel passato tributato a Giorgio; Riccardo I durante la III Crociata disse di aver visto il santo con lucente armatura guidare le truppe cristiane alla vittoria; al tempo di Enrico III, la festa di Giorgio fu considerata festa d'obbligo; Edoardo III introdusse il famoso grido di battaglia St. George for England, e fondò nel 1348 l'Ordine di S. Giorgio, detto «della Giarrettiera»; al tempo di Enrico V l'arcivescovo di Ganterbury prescriveva per la festa del santo la stessa solennità del Natale. Ancora oggi gli Anglicani hanno conservato il nome di Giorgio nel loro calendario e la rossa croce di San Giorgio in campo bianco campeggia sulla bandiera inglese.


I paesi che hanno il santo martire palestinese come patrono sono innumerevoli: prime fra tutte le città marinare di Genova, Venezia e Barcellona da cui, coi Crociati, partivano i commercianti per l'Oriente. Tra i molti Ordini religiosi e cavallereschi, oltre ai Benedettini a lui devoti, ricordiamo l'Ordine Teutonico, il già citato «Ordine della Giarrettiera», l'Ordine militare di Calatrava di Aragona, a cui Bonifacio IX concesse di portare in guerra vexilla sancti Georgii (Reg. Aven. 305, f. 289v.), ed il "Sacro militare Ordine Costantiniano di San Giorgio", la cui fondazione, senza peraltro solide basi storiche, è da alcuni attribuita a Costantino e da altri ad Angelo Comneno nel 1190. Nel 1690, Andrea Flavio, l'ultimo dei Comneni, cedette i suoi diritti a Gianfrancesco Farnese duca di Parma, che, a sua volta, li cedette all'Infante di Spagna divenuto re di Napoli, il quale diede all'Ordine il nome attuale, oltre che una nuova costituzione. Gli ultimi statuti risalgono al 1934; l'Ordine è riconosciuto dalla Santa Sede. L'insegna è una croce gigliata, smaltata di porpora, con al centro il monogramma; negli angoli della croce le lettere I H S V (In Hoc Signo Vinces).



Giorgio è inoltre protettore, con San Sebastiano e San Maurizio, dei cavalieri e dei soldati, degli arcieri e degli alabardieri, degli armaioli, dei piumaroli (elmo) e dei sellai; infine era invocato contro i serpenti velenosi, contro la peste, la lebbra e la sifilide e, nei paesi slavi, contro le streghe.
La celebrazione liturgica

I calendari orientali riportano la commemorazione di Giorgio al 23 aprile recensendone le gesta secondo le passiones conosciute (J. M. Fiey, Le Sanctoral syrien oriental d'après les Evangéliaires et Bréviaires du XI au XIII siècle, in L'Orient syrien, VIII [1963], p. 37), alla stessa data lo commemora il Calendario marmoreo di Napoli del sec. IX, di spiccata influenza bizantina (D. Mallardo, Il Calendario marmoreo di Napoli, in Ephemerides liturgicae, XVIII [1947], pp. 149-50).

Anche i calendari delle Chiese occidentali fissano la commemorazione anniversaria del martirio di San Giorgio al 23 aprile (W. H. Frere, Studies in early Roman Liturgy [ = Alcuin club collections, XXVIII], Oxford 1930, pp. 100-101; v. anche P. Perdrizet, Le calendrier parisien à la in du moyen-age, Parigi 1933, pp. 123-24; cf. p. 149) e solo le chiese dell'Italia settentrionale riportano la celebrazione al giorno seguente (24), come si ha da un calendario modenese del sec. XI (ed. B. Bacchini, in Rerum ital. script., II [1718], p. 145), dai Messali e Breviari ferraresi e dall'uso milanese che forse ha influenzato le diocesi dell'Emilia altra volta sue suffraganee (E. Cattaneo, L'evoluzione delle feste di precetto dal sec. XIV al XX, Milano 1956, pp. 74, 136, per gli anni 1396 e 1498; per Pavia cf.: L. Valle, Le reliquie di San Giorgio, Pavia 1903, p. 15, n. 1). Nel Martirologio Geronimiano figura al 15, 23, 24, 25 apr. e al 7 maggio, ma solo in codd. tardivi.

San Giorgio di Carlo Crivelli (1472)Il Sacramentario Leoniano del V sec. (ed. L. C. Mohlberg, p. 16) contiene i testi della Messa di San Giorgio martire e non di San Gregorio (Frere, loc. cit.) che venivano letti nella stazione che si teneva al Velabro "eius passio contulit hodiernum in tua virtute conventum"; mentre il più tardivo (secc. VII-VIII) Sacramentario Gregoriano (ed. H. A. Wilson, p. 27) sembra essere influenzato dalle fantastiche passiones (diversa supplicia sustinuit) cosí come gli antichi testi liturgici «propri», mentre l'orazione del Messale attuale era già in uso nei Sacramentari e Messali latini dal sec. IX (P. Bruylants, Les oraisons du Missel romain, II, in Etudes liturgiques, I, Lovanio 1952, n. 401).

Il sinodo provinciale di Colonia del 1308 (Kellner, p. 22) elencava la festa di San Giorgio tra quelle di precetto ed il De Officiis palatii di Giorgio Codino indicava il giorno di San Giorgio tra quelli in cui l'imperatore, al tempo dei Paleologi, partecipava solennemente alle celebrazioni religiose in Costantinopoli (ed. J. Goar, Bonn 1839, p. 81; cf. anche indice).

Fino a qualche decennio fa la festa di Giorgio era di precetto in diverse diocesi di cui era patrono (ad es. Ferrara, Gnesen), ma, mutate condizioni sociali, suggerirono la soppressione del precetto religioso, mentre ultimamente la Sacra Congregazione dei Riti ha ridotto di grado (e non soppressa come erroneamente fu scritto) tale festa per mancanza di notizie biografiche sicure da inserire nella liturgia (AAS, LII [1960], pp. 690, 706).
Reliquie

Grande venerazione riscosse il sepolcro del martire e le sue reliquie furono trasferite probabilmente durante l'invasione persiana all'inizio del sec. VII o poco dopo, all'arrivo dei musulmani.

San Gregorio, vescovo di Tours (m. 594), nell'opera Miracolorum liber, I, CI (ed. T. Ruinart, in PL, LXXI, coll. 792-93) ricorda la traslazione di reliquie a Limoges ed a Le Mans. A Roma il cranio del martire riscosse venerazione nella basilica di S. Giorgio in Velabro fin dal sec. VIII; nel 1600 ne fu trasferita una parte a Ferrara. Nell'852 Pietro della Marca spagnola ricorda la traslazione in Spagna di reliquie di San Giorgio e di San Aurelio (Marca Hispanica, Parigi 1688, col. 357). Il conte Roberto di Fiandra, nel 1110 portò a Ferrara un braccio di San Giorgio, donandolo alla contessa Matilde la quale, a sua volta, lo donò alla nuova cattedrale della città che venne dedicata al santo nel 1135, come ci attesta la prima iscrizione poetica italiana (G. Bertoni, La fondazione della cattedrale di Ferrara e l'iscrizione del 1135, in La cattedrale di Ferrara, Verona 1937, pp. 129-37; v. anche: G. Pistarino, Le iscrizioni ferraresi del 1135, in Studi medievali, sez. III, V, Spoleto 1964, pp. 66-160):
File:La tomba di San Giorgio (Lod, Israele) 01.JPG

La tomba di San Giorgio (Lod, Israele)


«Il mille cento trenta cenque nato
fo questo templo a san Giorgio donato
da Glielmo ciptadin per so amore
et ne fo l'opra Nicolao scolptore».

La stessa reliquia, nel 1388, fu racchiusa dal vescovo Marcapesi in un artistico reliquiario d'argento (M. A. Guarini, Compendio historico delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 14-15). Nel 1462, al tempo dell'abate di San Giorgio Maggiore, Teofilo Beacqui da Milano, con grande pompa un altro braccio di Giorgio fu accolto a Venezia (G. Damerini, L'isola e il cenobio di San Giorgio Maggiore, Venezia 1956, pp. 95 sgg., 136).
 
ICONOGRAFIA

Sarebbe compito difficile, per non dire impossibile, elencare tutte le rappresentazioni relative alla leggenda di Giorgio, perché in questo cavaliere crociato, vincitore del drago, si assommano innumerevoli elementi che hanno radici nelle più antiche mitologie e che, dalle primitive tradizioni cristiane, traggono l'eterna suggestione del male combattuto e vinto e della fede testimoniata col martirio. Per questo appunto sono facili, nella iconografia di Giorgio, le contaminazioni con altri personaggi, sacri o storici, come, ad esempio il Santiago degli spagnoli (San Giacomo il Maggiore), San Maurizio, San Martino e l'imperatore Costantino. Ciò, inoltre, spiega più che a sufficienza l'abbondanza dell'iconografia stessa, la quale, volta a volta rispecchia il culto tributato ininterrottamente in Oriente a Giorgio, la sua assunzione in Occidente a simbolo di intrepida virtù, l'ispirazione fornita all'arte e alle rappresentazioni popolari, nonché ai poemi cavallereschi.

Sebbene generalmente si affermi che nel sec. XVI, tramontando in Occidente il mito della cavalleria, il culto - e, quindi, l'iconografia - di Giorgio siano stati trasferiti essenzialmente in Oriente, dove avevano avuto origine, non vi è forse stato artista europeo che, dopo quella data, non abbia subito il fascino del tema eroico del guerriero di Dio in lotta con il mostro.

Prima di tentare quello che non potrà essere che un giro d'orizzonte sul complesso argomento della iconografia di Giorgio, occorre ricordare come la sua immagine, oltre che nelle raffigurazioni di schietta ispirazione religiose, divenne simbolo frequente negli stemmi, nei suggelli, nelle bandiere e negli stendardi di città e nazioni che ne riconobbero il patronato, di ordini cavallereschi e di associazioni d'arma o di mestiere. Tra le città ricorderemo Genova e Barcellona, non dimenticando Venezia che a Giorgio dedicò ben tre chiese.

Tra le nazioni si può notare tra tutte l'Inghilterra che fatto suo lo stendardo crociato di Giorgio, dedicandogli il patronato dell'Ordine della Giarrettiera, così come in Germania sono stati posti sotto la sua protezione gli appartenenti all'Ordine teutonico. Numerosissime sono poi le associazioni che in passato, e ancora al presente, hanno assunto come simbolo l'immagine di Giorgio, protettore dei cavalieri, degli armaioli, degli arceri, ecc.

Passando all'iconografia religiosa noteremo che molte raffigurazioni, tra le più antiche, rappresentano generalmente Giorgio isolato, a piedi e con il capo nudo dai lunghi e giovanili capelli. Gli attributi sono sempre la corazza, la spada, la lancia (che in certi casi appare spezzata), talvolta lo stendardo crociato. L'immagine del santo a cavallo fa, invece, il più delle volte, parte della scena della lotta contro il drago e compare con maggiore frequenza nelle opere d'arte che illustrano i cicli e i fatti della vita. Il cavallo è prevalentemente bianco.

Saint george raphael.jpgIniziando un elenco, più che altro - come si è detto - indicativo delle une e delle altre raffigurazioni, si possono citare numerose sculture: del sec. XIII il bassorilievo della porta di San Giorgio a Firenze, la statua del portico della cattedrale di Chartres, del sec. XIV la statua nella torre della cattedrale di Friburgo e quella di legno dorato, custodita nel Museo di Digione. Eccelle fra tutte la statua sulla facciata di Orsammichele a Firenze, opera di Donatello (sec. XV), mentre al sec. XVI appartengono la statua sulla facciata di San Giorgio Maggiore a Venezia e quella bronzea nell'interno della stessa chiesa, opera di Nicolò Roccatagliata (1593), e infine, sempre in detta chiesa, la pala lignea intagliata e colorita attribuita a Pietro da Salò (sec. XVI). Pure opera di Pietro da Salò è il rilievo sul portale di San Giorgio degli Schiavoni, sempre a Venezia, dove Giorgio è anche presente in un bassorilievo della facciata di San Marco. Restando ancora nel campo della scultura, ritroviamo la scena della lotta con il drago nei bassorilievi della tomba dei cardinali d'Amboise (1520) nella cattedrale di Rouen.

Passando alle opere pittoriche che arricchiscono l'iconografia di Giorgio, particolare attenzione meritano le innumerevoli figurazioni bizantine, che portano l'impronta della persistente vitalità della leggenda nei luoghi stessi dove essa ebbe origine. Gli affreschi nei conventi del Monte Athos e, in particolare, del Protaton, della laura Catholicon (in cui Giorgio appare con San Demetrio), del Xenophon (in cui, cosa rara, il santo è cefaloforo) ci rimandano tutti una immagine presso a poco simile: un giovane guerriero dai capelli ricciuti, dalla corazza romana, con spada, lancia e scudo. Nella scena del martirio di San Autonomos, del Dyonision Trapeza, Giorgio è raffigurato su un cavallo bianco. Ma le immagini piú caratteristiche e fantasiose ce le hanno date i pittori di icone. Nella pittura russa il santo ha un posto del tutto speciale: va ricordata in modo particolare quella icona della scuola di Novgorod (sec. XVI), che riassume in tutti i loro elementi le componenti della leggenda: Giorgio a cavallo contro il drago, la fanciulla in pericolo, il popolo affacciato alle torri della città, che attende l'esito della prova. Una scena simile è riproposta in una icona, ora nel Museo di Oradea (Romania), in cui compare, però, un altro giovane che cavalca sullo stesso destriero del santo, elemento che qualche volta si ritrova anche altrove. Ancora rappresentativi della iconografia orientale sono gli affreschi del Monastero di Staro Magoricino in Serbia (1318) e, infine, gli affreschi della chiesa di Sucevitza (Bucovina), del sec. XVII. In occidente la pittura ha dato un essenziale contributo alla iconografia di Giorgio e tra gli artisti, meritano il primo posto i pittori italiani. Vogliamo ricordare tra i primi il dipinto attribuito dal Berenson a Paolo Uccello, ora nella National Gallery di Londra, per il suo carattere quasi surrealista, in cui all'enorme drago dalle grandi ali ocellate, fa contrasto una esilissima vergine e al massiccio cavallo bianco si oppone un Giorgio adolescente, con un volto quasi infantile. Nel 1462 il Mantegna in un dipinto, ora all'Accademia di Venezia, ha rappresentato il santo in armi, ma con la lancia spezzata e Cosmè Tura, nel 1469, lo ha egualmente raffigurato in una tempera, già portello d'organo, nella cattedrale di Ferrara. Nello stesso secolo il Correggio dipinse Giorgio accanto alla Vergine per la chiesa dei Domenicani di Modena (ora nella Galleria di Dresda), mentre Carlo Crivelli, in una formella della pala d'altare detta Madonna della rondine (National Gallery di Londra) presenta un Giorgio dalla pesante ed elaboratissima armatura, la spada levata contro il mostro.

Nel sec. XV il Pisanello ritraeva Giorgio, che si accinge ad affrontare la lotta, per la chiesa di Sant'Anastasia a Verona, e il Carpaccio trattava lo stesso tema in una serie famosa di dipinti (1501-1503) nella scuola di San Giorgio degli Schiavoni a Venezia, unitamente alle storie dei santi Girolamo e Trifone. Altri episodi della leggenda sono stati affrescati da Altichiero Altichieri e Iacopo Avanzi nell'oratorio di San Giorgio a Padova (sec. XIV). Anche Raffaello non si sottrasse al fascino del personaggio dipingendo in età giovanile, nel 1504, su ordinazione di Guidobaldo da Urbino, una tavoletta in cui Giorgio appare a cavallo, con elmo e corazza, e alza la spada sul drago, mentre a terra giace la lancia spezzata. Nel numero delle opere che hanno proposto interi cicli della leggenda, ancora a Venezia, nel sec. XVI, il Veronese dipinse il martirio di Giorgio per la chiesa di San Giorgio Maggiore. Va fatto, infine, cenno alle numerose miniature sia dei mss. orientali sia dei Libri d'Ore e Breviari occidentali. Per ricordarne alcuni: citiamo quella del Libro d'Ore del maresciallo di Boucicault (Museo Jacquemart-André di Parigi, sec. XIV) e quella del Breviaro del Duca di Bedford (Parigi, Gal. Naz.).

Non si esaurisce certo con questi cenni il fitto elenco di immagini relative a Giorgio Quanto in questa sede è stato esposto può dare tuttavia un'idea della ricchezza iconografica a lui dedicata in Oriente e in Occidente.
IL CULTO DI SAN GIORGIO A CHIRIGNAGO E NELLA CITTÀ DI VENEZIA

Quando pensiamo al nostro patrono San Giorgio, subito ci viene in mente la figura del cavaliere eroico che affronta il drago, descritta nella leggenda aurea dal Beato Jacopo da Varazze. Questo racconto è talmente famoso da aver influenzato tutta l’arte e l’iconografia, facendo così passare in secondo piano la realtà storica di Giorgio, martire cristiano nato a Lydda (Diospoli), in Palestina, nel terzo secolo dopo Cristo.

Sono infatti molti i Chirignaghesi che in occasioni diverse si sono recati in pellegrinaggio in Terra Santa, ma sono in pochi a sapere che ad appena 50 km a nord-ovest di Gerusalemme, nella città di Lod presso Tel Aviv, ovvero l’antica Georgiopolis, si trova la tomba del nostro patrono, nella cripta della Basilica crociata a lui dedicata, oggi di rito greco-ortodosso.

La reliquia del cranio decapitato di Giorgio è invece conservata a Roma, nella chiesa di San Giorgio al Velabro, dove Papa Zaccaria la portò dalla Cappadocia nell’VIII secolo. Proprio la chiesa romana è la sede del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, che molto probabilmente è il più antico ordine cavalleresco della cristianità. Questa associazione di fedeli è in qualche modo legata alla storia di Chirignago. Infatti il 42° Gran Maestro dell’Ordine, il Principe di Macedonia e Duca di Drivasto e Durazzo, Girolamo II Angelo Flavio Comneno, discendente della più importante dinastia imperiale di Bisanzio, morì il 16 gennaio 1687, a 60 anni, proprio mentre si trovava a Chirignago. Fu confessato dal cappellano don Francesco Franerso, che gli conferì anche l’unzione degli infermi. Le spoglie illustri furono inumate tra i recinti dell’altare di Santa Lucia della chiesa parrocchiale precedente.

La consacrazione della nostra chiesa a San Giorgio fa pensare all’attività dei benedettini del monastero veneziano di San Giorgio Maggiore, al quale appartenevano gran parte dei terreni limitrofi sin dal 1022*. Questo dato ci permette di fare qualche considerazione sulla grande diffusione del culto di San Giorgio nella città di Venezia.

Nel tesoro della Basilica di San Marco è conservato un osso del braccio di San Giorgio, portato a Venezia dal Doge Enrico Dandolo dopo la conquista di Costantinopoli (1204), nella IV Crociata. Il braccio del santo è contenuto all’interno di un preziosissimo reliquiario in filigrana d’oro, argento cesellato e smalti traslucidi.

In ambito cattolico bisogna ricordare l’isola di San Giorgio in Alga, sede fin dal IX secolo di un monastero benedettino, dove nel 1397 fu fondato un Ordine di Canonici Regolari da cui uscirono San Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia, il beato Ludovico Barbo, riformatore del monachesimo benedettino e vescovo di Treviso, Angelo Correr, futuro Papa Gregorio XII, e Gabriele Condulmer, che divenne Papa Eugenio IV.

L’isola di San Giorgio Maggiore fu chiamata così proprio per distinguerla da quella omonima di San Giorgio in Alga. In pochi sanno che nel coro notturno della Basilica palladiana, nel 1800, si tenne l’ultimo conclave della storia ad aver avuto luogo fuori Roma, con l’elezione di Papa Pio VII. Nel monastero adiacente, che ospita anche la prestigiosa Fondazione Giorgio Cini, opera tuttora la comunità di monaci benedettini. Nell’Anno Santo 1975 la comunità di Chirignago volle compiere un “gemellaggio” con la comunità monastica di San Giorgio Maggiore: l’Abate Egidio Zaramella celebrò un solenne pontificale nella nostra chiesa, in occasione della festa della Dedicazione.

Non possiamo poi dimenticare la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, una delle più importanti scuole di mestiere e di devozione, frequentata dagli immigrati dalmati residenti e di passaggio a Venezia. Splendido è il ciclo di pitture di Vittore Carpaccio conservato al suo interno.

Ma San Giorgio in città è venerato anche dai fratelli delle altre confessioni cristiane. L’unica chiesa di culto anglicano dal 1604 è la Saint George’s Church, in Campo San Vio, a pochi passi dal consolato inglese. I cristiani greco-ortodossi invece dal 1539 hanno sede nella chiesa di San Giorgio dei Greci, una delle più antiche e splendide chiese ortodosse al mondo. La chiesa è anche cattedrale dell’Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e di Malta, sede dell’Esarcato per l’Europa Meridionale, ed è l’emblema di tutti i cristiani ortodossi d’Italia.

San Giorgio è quindi un santo ecumenico, venerato da tutti i cristiani di tutte le confessioni, anche nella nostra città. Un santo onorato anche dai musulmani, che gli diedero l’appellativo di “profeta”. Un santo che potrebbe e dovrebbe essere per noi cristiani cattolici di Chirignago un punto di incontro e di conoscenza reciproca con i fratelli delle altre comunità ecclesiali.

In onore di questo grande santo ogni 23 aprile, in tutto il mondo, vengono celebrate Sante Messe solenni, con processioni e sacri riti. Anche noi ci poniamo sotto la sua protezione e gli chiediamo di affrettare l’ora in cui tutte le comunità ecclesiali si riconosceranno nell’unica comunione, perché “tutti siano una cosa sola… perché il mondo creda” (Gv 17,21).

tratto da "El Campanon" di Pentecoste 2010 (1.0 Mb - .pdf), pagg. 6 e 7

* È probabile che il titolo liturgico San Giorgio, patrono della parrocchia di Chirignago, sia dovuto ad una colonizzazione della zona da parte dei benedettini di San Giorgio maggiore di Venezia. Infatti le località di Asseggiano a nord di Chirignago e di Catene, a est del paese, appartennero sino a tutto il 1700 al monastero di San Giorgio: tra l’altro nel 1458 esso godeva del pecoratico o imposta sulle pecore. L'intero territorio a ovest di Mestre era diventato gradualmente possesso di San Giorgio Maggiore, con i primi acquisti avvenuti il 27 agosto 1022. Già dal 1120 tre mansi giacevano "in confino Piragi et Clarignani". 
Oppure il Santo è diventato patrono della località, poichè qui poteva esistere una stazione di militari, lungo la Via Desman, l'attuale Miranese. Quasi dovunque nel Veneto, e in generale in Italia, San Giorgio è patrono di parrocchie, collegate a sedi militari di Longobardi e Carolingi. 
Abbiamo notizie sicure di una "Ecclesia Clarignaghi" dedicata a San Giorgio nell’anno 1123, in quanto tutta la zona dal Tarù a Fusina era possedimento del monastero benedettino di San Giorgio Maggiore di Venezia, con la sua celebre abbazia fondata nel 982, che intitolava al Santo i propri terreni. Il 2 maggio 1123, all'atto di compera di un manso, cioè un vasto appezzamento di terreno, che Enrico, Alberto, Ecilo e Arsenio del fu Giovanni de Clerignago, assieme a Puviza (o Cuniza) vedova di Giovanni da Clarignano, acquistano dall'abate di San Giorgio, nella dichiarazione dei confini, si precisa che verso occidente c'è "ecclesia Clarignani". 
Chirignago risulta terra del vescovo di Treviso Ulderico III, il quale nel 1178 possiede qui suoi vassalli ed istituisce (1330) una prebenda per il rettore della chiesa, evidentemente dedito alla cura spirituale dei suoi dipendenti. Chirignago, con Botenigo, Caene ed Azzegian facevano parte del feudo immenso del presule della marca. San Giorgio nasceva come chiesa curata campestre per i bisogni della gente rurale del feudo. 
Probabilmente quindi la chiesa, in origine, apparteneva all’ordine benedettino, che, attorno al 1100, possedeva dei terreni nella zona di Chirignago. La parrocchia di Chirignago infatti era, anticamente, sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Sant’Ilario, che si trovava in un’isoletta della laguna, di fronte ai Moranzani. Più tardi passò sotto la giurisdizione della diocesi di Treviso.
LA CROCE DI SAN GIORGIO

La croce di San Giorgio è una bandiera costituita da una croce rossa in campo bianco; graficamente è complementare alla croce di San Giovanni Battista. Originariamente vessillo della Repubblica di Genova, venne poi utilizzata dai crociati e in seguito adottata dall'Inghilterra, nonché da molte altre nazioni e città.

La simbologia del Salvifico vessillo della vera croce, come Jacopo da Varagine indicò la croce di San Giorgio, determinò nel medioevo, per i pellegrinaggi armati, l'appellativo di crociati. La Croce di San Giorgio venne quindi scelta come simbolo dei pellegrini che si recavano presso i luoghi santi del Cristianesimo e che dopo il 1095, anno di conquista di Gerusalemme da parte dei Turchi selgiuchidi, mossi in gran parte (in un primo momento) da spirito sincero di missione, decisero di prendere la croce ed armarsi per liberare la terra ove nacque e visse Gesù Cristo, in risposta ai ripetuti attacchi subiti dai Turchi, decisi, soverchiati gli Arabi, a spingersi alla conquista dell'impero Bizantino.

L'uso del vessillo da parte dei genovesi, invece, pare risalire ad epoche remote, quando l'esercito bizantino stanziava nella città, e il vessillo della guarnigione (una croce rossa in campo bianco) veniva portata in omaggio nella piccola chiesa di San Giorgio, ma è di sicuro attestato nel 1096.

Nel 1190 Londra e l'Inghilterra chiesero e ottennero la possibilità di utilizzo della bandiera crociata per avere le loro navi protette dalla flotta genovese nel Mar Mediterraneo e in parte del Mar Nero dai numerosi attacchi di pirateria; per questo privilegio il monarca inglese corrispondeva al Doge della Repubblica di Genova un tributo annuale. L'Inghilterra, la città di Londra e la Royal Navy issano tutt'oggi la bandiera di San Giorgio ed è la loro bandiera nazionale.

In seguito alla creazione dell'odierno Regno Unito, si è creata la Union Flag (o Union Jack), risultata dalla sovrapposizione, delle bandiere di Inghilterra, Scozia e della vecchia bandiera adottata dalla corona britannica per l'Irlanda.




sabato 19 aprile 2014

Սբ. Հարության տոն նաև Զատիկ/Festa della gloriosa risurrezione di Gesù Cristo/Feast of the Glorious Resurrection of Jesus Christ/ПАСХА. Светлое Христово Воскресение

Ամսաթիվ '2014-04-20'
Սբ. Հարության տոն  նաև Զատիկ
Հիսուս Քրիստոսի հրաշափառ Հարության տոնը կոչվում է նաև Զատիկ, որը նշանակում է զատում, բաժանում, հեռացում մեղքերից եւ վերադարձ առ Աստված: Զատիկը թե Հին, և թե Նոր Կտակարաններում համարվում է 5 տաղավար տոներից մեկը: Հիսուս Քրիստոսի խաչելությունից եւ մահից հետո` երեկոյան, բարեպաշտ մարդիկ Նրա մարմինը իջեցրին խաչից եւ դրեցին վիմափոր գերեզմանի մեջ, փակելով մեծ քարով: Երեք օր հետո` կիրակի առավոտյան, յուղաբեր կանայք` Մարիամ Մագդաղենացին, Հակոբի մայր Մարիամը եւ Սողոմեն, գնացին գերեզման անուշաբույր յուղերով օծելու Քրիստոսի մարմինը, սակայն զարմանքով տեսան, որ քարայրի մուտքի քարը հեռացված է, իսկ գերեզմանը` թափուր: Մինչ նրանք տարակուսում էին, երևացին երկու հրեշտակ և ասացին. «Ինչո՞ւ եք ողջին մեռելների մեջ փնտրում: Այստեղ չէ, այլ հարություն առավ» (Ղուկ. 24:5-6):
Հարության լուրը կանայք ավետում են առաքյալներին, որից հետո Հիսուսը երևում է նրանց: Քրիստոսի Հարությունը դարձավ քրիստոնեական վարդապետության և հավատի հիմքը: «Եթե մեռելների հարություն չկա, ապա և Քրիստոս հարություն չի առել: Եվ եթե Քրիստոս Հարություն չի առել, իզուր է մեր քարոզությունը, իզուր է և ձեր հավատը» (Ա Կորնթ. 15:13-14): Զատկի տոնին հավատացյալները ձու են ներկում: Ձուն համարվում է հարության եւ նոր կյանքի սկզբնավորման խորհրդանիշ: Իսկ կարմիր գույնը խորհրդանշում է խաչյալ Հիսուսի կենդանարար արյունը, որ թափվեց մարդկության փրկության համար: Ըստ Ս.Գրիգոր Տաթևացու՝ «Միայն Զատկին ենք ձու ներկում, որովհետեւ ձուն օրինակ է աշխարհի և ինչպես իմաստուններն են ասում. «Դրսի կեղևը նման է երկնքին, թաղանթը՝ օդին, սպիտակուցը՝ ջրին, դեղնուցն էլ երկիրն է: Իսկ կարմիր գույնը խորհրդանշում է, որ աշխարհը գնվեց Քրիստոսի արյամբ: Եվ մենք կարմիր ձուն մեր ձեռքերի մեջ առնելով` հռչակում ենք մեր փրկությունը»: Սբ. Հարության տոնի նախընթաց երեկոյան եկեղեցիներում մատուցվում է Ճրագալույցի Սբ. Պատարագ, որով սկսվում են զատկական տոնակատարությունները: Առավոտյան եկեղեցիներում կատարվում է ժամերգություն, Անդաստանի արարողություն, ապա մատուցվում Սբ. Պատարագ: Սբ. Հարության տոնին հավատացյալները միմյանց ողջունում են Քրիստոս հարյավ ի մեռելոց ավետիսով, պատասխանում՝ Օրհնյալ է Հարությունը Քրիստոսի: 
Հիսուս Քրիստոսի հրաշափառ Հարության` Սբ.Զատկից սկսած հիսուն օրերը մինչև Հոգեգալուստ (Պենտեկոստե) Հայ Առաքելական Եկեղեցում կոչվում են Հինունք կամ Հինանց շրջան՝ նվիրված Տիրոջ Հարության և Համբարձման խորհրդին: Այդ պատճառով ամբողջ շրջանը կոչվում է Տերունի: Հինունք անունը ծագում է հիսունքից: Առաջին քառասուն օրերը նվիրված են Հարուցյալ Քրիստոսի երևումներին: «Նա իր չարչարանքներից հետո իրեն կենդանի ներկայացրեց նրանց առաջ շատ ապացույցներով` քառասուն օրերի ընթացքում երևալով նրանց և խոսելով Աստծո արքայության մասին» (Գործք 1:3):  Հինանց շրջանի վերջին տասն օրերը նվիրված են Քրիստոսի Համբարձմանը:  Հինանց շրջանն ավարտվում է Հոգեգալստյան տոնով (այս տարի՝ մայիսի 11-ին): Համաձայն եկեղեցու կանոնների` բոլոր հիսուն օրերն ուտիք են, այսինքն` այս շրջանում չկան պահոց օրեր և թույլատրելի են բոլոր կերակրատեսակները:
Սուրբ Զատիկ
ԶԱՏԻԿ

 Զա­տիկ նշա­նա­կում է զա­տում, բա­ժա­նում, հե­ռա­ցում մեղ­քե­րից և իր վերջ­նա­կան ի­մաս­տով՝ վե­րա­դարձ առ Աստ­ված: Զա­տի­կը թե՛ Հին և թե՛ Նոր Կտա­կա­րան­նե­րում հա­մար­վում է մե­ծա­գույն տո­նե­րից մե­կը: Այն կապ­ված է ա­զա­տագ­րութ­յան և փրկա­գոր­ծութ­յան պատ­մա­կան զույգ ի­րո­ղութ­յուն­նե­րի հետ:

Ա­ռա­ջի­նը Հին Կտա­կա­րա­նի այն դրվագն է, երբ հրեա­նե­րը, Աստ­ծո խնա­մա­ծութ­յամբ և Մով­սե­սի ա­ռաջ­նոր­դութ­յամբ անց­նե­լով Կար­միր ծո­վը, փրկվե­ցին ե­գիպ­տա­կան գե­րութ­յու­նից: Ե­գիպ­տա­կան գե­րութ­յու­նից ձեր­բա­զատ­վե­լը խորհր­դան­շում էր մեղ­քի և մահ­վան երկ­րից դուրս գա­լը, զատ­վե­լը և դե­պի Ա­վետ­յաց եր­կիր ճա­նա­պարհ­վե­լը:
Երկ­րոր­դը Քրիս­տո­սի Հա­րութ­յունն է: Աստ­ծո Որ­դին՝ իբ­րև Գառն Աստ­ծո, Իր ար­յու­նը թա­փեց մե­ղա­վոր մարդ­կութ­յան հա­մար, խաչ­վեց և եր­րորդ օ­րը հա­րութ­յուն ա­ռավ մե­ռել­նե­րից, որ­պես­զի բո­լոր Ի­րեն հա­վա­տա­ցող­նե­րին սրբե­լով մեղ­քե­րից՝ ար­ժա­նի դարձ­նի հա­վի­տե­նա­կան կյան­քին:
Ե­գիպ­տո­սից Իս­րա­յե­լի դուրս գա­լը խորհր­դան­շում է մարմ­նա­վոր գե­րութ­յու­նից ա­զատ­վե­լը, իսկ այժմ Քրիս­տո­սի հա­րութ­յան զո­րութ­յամբ մարդ­կութ­յու­նը` Նոր Իս­րա­յե­լը, փրկվում է մեղ­քի և մահ­վան տի­րա­կա­լութ­յու­նից` խա­վա­րից դառ­նա­լով դե­պի աստ­վա­ծա­յին լույ­սը, հա­վատն ու հա­վի­տե­նա­կան կյան­քը:
Այս­պի­սով՝ Հին Կտա­կա­րա­նի զատ­կա­կան գա­ռը օ­րի­նակն է Հի­սուս Քրիս­տո­սի:
«Ա­հա Գառն Աստ­ծո, որ վերց­նում է աշ­խար­հի մեղ­քը» (Հովհ. 1. 29): Հով­հան­նես Մկրտչի այս մար­գա­րեութ­յու­նը, թե Հի­սու­ս պի­տի քան­դեր մեղ­քի կա­պանք­նե­րը, կան­խա­տե­սում էր դժոխ­քի ու մահ­վան պար­տութ­յունը:
ՀԱՐՈՒԹՅԱՆ ԽՈՐՀՈՒՐԴԸ

ՄԵԶ ՀԱՄԱՐ

Ին­չո՞ւ եք ող­ջին մե­ռել­նե­րի մեջ փնտրում:


Այս­տեղ չէ, այլ հա­րութ­յուն ա­ռավ»:


 (Ղուկ. 24. 4-9)


Այսպիսի քաղցր բառեր արտաբերելով հրեշտակները դիմավորեցին այն կանանց, ովքեր վաղ առավոտ եկել էի Հիսուսի գերեզման: Այսպես են հնչում հրեշտահային ձայները նաև 2000 տարի անցնելուց հետո, որպես Աստվածային հաղթության և հույսի արձագանք:
Այո  Քրիստոս Հարություն առավ: Ինչպես մրրիկից հետո արեգակի լույսը, որ թռչուններին քաջալերում է երգելու և կարկուտով ջարդված ծաղիկներին կենդանություն է տալիս, այնպես էլ այս բառերը փոխում մարդու կյանքի ամբողջ խորհուրդը՝ լցնելով հաղթանակի հույսով: Այլևս մենք կարող ենք համարձակ հոգով և երջանիկ սրտով քայլել այս աշխարհի   ժամանակավոր ճանապարհով. ճանապարհ, որի վերջում անմահությունն է, որտեղ մահը այլևս չի սարսափեցնի մեզ, քանզի Քրիստոս Իր Հարությամբ հաղթեց մահվանը, որի մասին բացականչում է Պողոս առաքյալը. «Ո՞ւր է, մա՛հ, քո հաղ­թութ­յու­նը, ո՞ւր է, դժո՛խք, քո խայ­թո­ցը» (Ա Կորնթ. 15. 55):
Աստ­ծո Որ­դու՝ Խա­չի վրա մահ­վամբ և Հա­րութ­յամբ մենք վերս­տին հա­վի­տե­նա­կան կյանք ու­նե­նա­լու ար­ժա­նա­ցանք. «Ես եմ հա­րութ­յու­նը և կյան­քը. ով հա­վա­տում է Ինձ, թե­կուզ մեռ­նի, կապ­րի» (Հովհ. 11. 25):
Փրկիչն Իր Հա­րութ­յամբ հաս­տատ­եց կյան­քի ու ան­մա­հութ­յան գա­ղա­փա­րը և մենք Քրիս­տո­սին ըն­դու­նելով որ­պես Փրկիչ և Տեր, պի­տի հա­րութ­յուն առ­նենք` Նրա հետ հա­վի­տե­նա­պես թա­գա­վո­րե­լու«Ինչ­պես Ա­դա­մով բո­լո­րը մեռ­նում են, նույն­պես և Քրիս­տո­սով ա­մեն­քը պի­տի կեն­դա­նա­նան»(Ա Կորնթ. 15. 22):

 ԿԱՐՄ­ՐԱ­ՆԵՐԿ ՀԱՎ­ԿԻԹ


800px-Belarusian_Easter_EggsՀա­յաս­տան­յայց Ա­ռա­քե­լա­կան Սուրբ Ե­կե­ղե­ցու հո­գևոր սո­վո­րույթ­նե­րից է Սուրբ Հա­րութ­յան տո­նի նա­խօ­րեին ձու ներ­կե­լը և միմ­յանց կարմ­րա­ներկ հավ­կիթ նվի­րե­լը

Նախ տես­նենք, թե ի՞նչ է խորհր­դան­շում ձուն:


Տա­կա­վին նա­խաք­րիս­տո­նեա­կան շրջա­նում ձուն ե­ղել է բնութ­յան վե­րա­զար­թոն­քի, կյան­քի ու ար­գա­սա­վո­րութ­յան խորհր­դան­շան, ուս­տի և նե­րառ­վել է ե­կե­ղե­ցա­կան ա­վան­դութ­յան մեջ և  քրիս­տո­նեա­կան բո­լոր ժա­մա­նակ­նե­րի հա­մար դար­ձել հա­րութ­յան և հա­վի­տե­նա­կան կյան­քի խորհր­դան­շան:

Այս­պես, ձուն խորհր­դա­նիշն է այն վի­մա­փոր գե­րեզ­մա­նի, որ­տե­ղից մար­դե­ղաց­յալ Աստ­վա­ծոր­դին հրա­շա­փա­ռա­պես հա­րութ­յուն ա­ռավ, իսկ ըստ Սուրբ Գրի­գոր Տա­թևա­ցու՝ ձուն «ողջ աշ­խար­հի օ­րի­նակն է, և ինչ­պես որ ի­մաս­տուն­ներն են ա­սում, դրսի կե­ղևը երկն­քին է նման, թա­ղան­թը՝ օ­դին, սպի­տա­կու­ցը՝ ջրին, իսկ դեղ­նուցն էլ եր­կիրն է...»
Ձուն խորհր­դան­շում է նաև ա­դա­մոր­դու կյան­քի եր­կու վի­ճա­կը՝ երկ­րա­վորն ու երկ­նա­յի­նը© ինչ­պես ձվի ան­կեն­դան պատ­յա­նի մեջ ամ­փոփ­ված է ա­պա­գա ա­րա­րա­ծի սաղ­մը (որն ինք­նին կեն­դա­նութ­յուն է« սա­կայն ան­կա­տար և ար­տա­քին աշ­խար­հին գրե­թե ան­հա­ղորդ), նույն­պես և ա­դա­մոր­դին« թեև ի­րա­կան ու տե­սա­նե­լի այս աշ­խար­հում է ապ­րում« սա­կայն տա­կա­վին չի կա­րող թե՛ մարմ­նով և թե՛ հո­գով հա­ղոր­դակց­վել Երկ­նա­յին ար­քա­յութ­յան քաղց­րութ­յանն ու ե­րա­նութ­յա­նը (տե՛ս Ա Կորնթ. 13. 12): Երկ­րա­վոր կյան­քում մարդն ինչ­պես աստ­վա­ծա­յին ճշմար­տութ­յուն­նե­րին ու խոր­հուրդ­նե­րին, այն­պես և հան­դերձ­յալ կյան­քի քաղց­րութ­յանն ու ե­րա­նութ­յա­նը (նաև դառ­նութ­յանն ու տա­ռա­պան­քին) հա­ղոր­դա­կից է լի­նում այն­քա­նով, որ­քա­նով Տեր Աստ­ված հայտ­նել է ճա­նա­չե­լու, ի­մա­նա­լու և փրկութ­յան հաս­նե­լու հա­մար: Ինչ­պես ձվից ե­լած ա­րա­րա­ծը սկսում է ամ­բող­ջա­կան կյան­քով ապ­րել՝ իր տա­րա­տե­սակ ըն­դու­նա­կութ­յուն­ներն ու ցան­կութ­յուն­նե­րը դրսևո­րե­լով, նույն­պես և աստ­վա­ծա­հա­ճո ան­ձինք Տի­րոջ Երկ­րորդ գալստ­յամբ, ա­հեղ ու ա­նա­չառ Դա­տաս­տա­նից հե­տո, կա­տար­յալ, հա­վի­տե­նա­կան կյանք են մուտք գոր­ծե­լու և այն­տեղ, Բարձր­յալ Աստ­ծո կա­մոք« հա­վի­տե­նա­կան ու­սում­նա­ռութ­յամբ լու­սա­վոր­վե­լու են աստ­ված­գի­տութ­յամբ և նո­րոգ­ված ու փա­ռա­վոր մարմ­նով (տե՛ս Փի­լիպ. 3. 21), Ա­մե­նա­սուրբ Եր­րոր­դութ­յան կեն­դա­նա­րար ներ­կա­յութ­յամբ վա­յե­լե­լու են Երկն­քի ար­քա­յութ­յան ա­նանց ե­րա­նութ­յու­նը:
Այս­պի­սով, զատ­կա­կան ձուն նյութա­կան մի նշան է, ո­րը մեզ հի­շեց­նում է մեր «Հա­վա­տամ­քի» գլխա­վոր ու էա­կան ճշմար­տութ­յուն­նե­րից մե­կը՝ ննջեց­յալ­նե­րի հա­րութ­յու­նը, ո­րի ե­րաշ­խի­քը մե­ռել­նե­րից հա­րութ­յուն ա­ռած Տեր Հի­սուս Քրիս­տոսն է՝ ննջեց­յալ­նե­րի ա­ռա­ջին պտու­ղը (տե՛ս Ա Կորնթ. 15. 20), քան­զի «Քրիս­տո­սով ա­մեն­քը պի­տի կեն­դա­նա­նան...» (Ա Կորնթ. 15. 22):
Երկ­րորդ՝ ին­չո՞ւ ենք միմ­յանց ձու նվի­րում և ին­չո՞ւ ենք այն կար­միր գույ­նով ներ­կում:
Նախ՝ Ընդ­հան­րա­կան Սուրբ Ե­կե­ղե­ցու ա­վան­դութ­յան հա­մա­ձայն` Սուրբ Հա­րութ­յան տո­նին միմ­յանց կարմ­րա­ներկ հավ­կիթ­ներ նվի­րե­լու սո­վո­րույ­թը կապ­վում է սուրբ Մա­րիամ Մագ­դա­ղե­նա­ցու հետ: Ա­վան­դութ­յան հա­մա­ձայն՝ Քրիս­տո­սի համ­բար­ձու­մից հե­տո նա սուրբ Ա­վե­տա­րա­նի քա­րոզ­չութ­յան նպա­տա­կով գնա­ցել է Հռոմ, ներ­կա­յա­ցել Տի­բե­րիոս կայ­սե­րը, նրան կարմ­րա­ներկ մի ձու նվի­րել`  ա­վե­տե­լով «Քրիս­տոս յա­րեաւ ի մե­ռե­լոց»` սկսել է իր քա­րոզ­չութ­յու­նը: Հա­րութ­յան խորհր­դով ձու ներ­կե­լու վե­րա­բեր­յալ հե­տաքրք­րա­կան մի մեկ­նա­բա­նութ­յուն է պահ­պան­վել հա­յոց կյան­քում, ի մաս­նա­վո­րի Սյուն­յաց աշ­խար­հի Սի­սա­կան գա­վա­ռում. «...Քրիս­տո­սի չար­չա­րան­քի ժա­մա­նակ ման­րա­վա­ճառ­նե­րը փչա­ցած ձվեր էին տա­լիս ե­րե­խա­նե­րի ձեռ­քը, որ խփեն Քրիս­տո­սին, սա­կայն ձվերն ա­ռանց Քրիս­տո­սին դիպ­չե­լու հետ էին դառ­նում՝ թար­մա­ցած և կար­միր գույն ստա­ցած: Ի հի­շա­տակ այս անց­քի, ա­սում են, տնօ­րի­նել են Զատ­կին ձվեր ներ­կել»:
Երկ­րորդ՝ թեև ի սկզբա­նե Ընդ­հան­րա­կան Սուրբ Ե­կե­ղե­ցու մաս ե­ղող Ե­կե­ղե­ցի­նե­րում հավ­կիթ­նե­րը ներկ­վել են կար­միր գույ­նով, սա­կայն, դա­րե­րի հո­լո­վույ­թում, ո­րոշ Ե­կե­ղե­ցի­նե­րում խա­թար­վել է միայն կար­միր գույ­նով ներ­կե­լու հնա­վանդ սո­վո­րույ­թը և զատ­կա­կան հավ­կիթ­նե­րը դար­ձել են բազ­մա­գույն: Ցա­վով պետք է նկա­տենք, որ հայ ի­րա­կա­նութ­յան մեջ ևս գործ­նա­կա­նա­ցել է հավ­կիթ­նե­րը զա­նա­զան գույ­նե­րով ներ­կե­լու ա­վան­դույ­թը, մինչ­դեռ մեր Մայր Ե­կե­ղե­ցու ե­ռա­մեծ վար­դա­պե­տը՝ Սուրբ Գրի­գոր Տա­թևա­ցին, ի մի բե­րե­լով ի­մաս­տուն վար­դա­պետ­նե­րի վկա­յութ­յուն­նե­րը, ա­վան­դում է հավ­կիթ­նե­րը ներ­կել միայն ու միայն կար­միր գույ­նով, ո­րով­հե­տև «կար­միր ներ­կը խորհր­դան­շում է, որ այս աշ­խար­հը Քրիս­տո­սի ար­յամբ գնվեց». Քրիս­տոս Աստ­ված Իր մահ­վամբ խոր­տա­կեց մեր պար­տա­մուր­հա­կի զո­րութ­յու­նը և այն խա­չա­փայ­տին գա­մեց (տե՛ս Կո­ղոս. 2.14), իսկ Իր լույս հա­րութ­յամբ հաղ­թեց մեղ­քին ու մահ­վա­նը և մեզ սա­տա­նա­յից փրկագ­նե­լով՝ ան­մա­հութ­յուն ու ա­նա­պա­կա­նութ­յուն պար­գևեց և Երկն­քի Ար­քա­յութ­յան ժա­ռան­գորդ դարձ­րեց: Գող­գո­թա­յում մեր Տեր Հի­սուս Քրիս­տոսն Իր սուրբ և ա­նա­պա­կան ար­յան հեղ­մամբ ողջ ա­րար­չա­գոր­ծութ­յու­նը՝ աստ­վա­ծա­յին տնտե­սութ­յու­նը, նո­րո­գեց, ուս­տի և մենք, կար­միր հավ­կի­թը մեր ձեռ­քե­րի մեջ առ­նե­լով, հայտ­նա­պես մեր փրկութ­յունն ենք ազ­դա­րա­րում: Հե­տևա­պես, ա­մե­նևին խրա­խու­սե­լի չէ, որ հա­վա­տաց­յալ հա­յոր­դի­նե­րը հա­րութ­յան, նո­րո­գութ­յան և մշտնջե­նա­կան կյան­քի ա­ռար­կա­յա­կան խորհր­դա­նիշ դար­ձած զատ­կա­կան հավ­կիթ­նե­րը հե­թա­նո­սա­բար այլ գույ­նե­րով ներ­կեն£ Արդ, հա­վա­տա­րի՛մ մնանք մեր հայ­րե­րի ա­վան­դույ­թին և զատ­կա­կան հավ­կիթ­նե­րը ներ­կենք մի­միայն կար­միր գույ­նով:
Վեր­ջում հարկ ենք հա­մա­րում նկա­տել, որ մեր ժո­ղովր­դի կեն­ցա­ղում ևս մի սո­վո­րույթ է ընդ­հան­րա­ցել« որն ան­հար­կի է ու ա­նըն­դու­նե­լի. ե­թե ըն­տա­նի­քում մին­չև Սուրբ Զա­տիկ ո­րևէ մե­կը մա­հա­նում է, ա­պա այդ տա­նը ձու չի ներկ­վում, իսկ օ­ջա­խի ան­դամ­ներն էլ չեն մաս­նակ­ցում Տի­րոջ Սուրբ Հա­րութ­յան հո­գե­նո­րոգ ու­րա­խութ­յուն­նե­րին (հի­րա­վի, սա ոչ թե հան­գուց­յա­լի նկատ­մամբ հար­գան­քի ար­տա­հայ­տութ­յուն է« այլ ան­գի­տութ­յան հե­տևանք): Մինչ­դեռ, քա­նի որ ձուն հա­րութ­յան« նո­րո­գութ­յան ու կյան­քի հա­վեր­ժութ­յան խորհր­դան­շան է« ա­ռա­վե­լա­բար պի­տի ներկ­վի հենց հա­րա­զա­տին հու­ղար­կա­վո­րած ըն­տա­նի­քում՝ ի նշան ննջեց­յա­լի հո­գու ան­մա­հութ­յան և այն բա­րի հույ­սի, որ հա­րուց­յալ Փրկչի ո­ղոր­մութ­յամբ ու գթութ­յամբ ի­րենց ար­յու­նա­կից բա­րե­կա­մը ևս հա­րութ­յուն է առ­նե­լու և ար­ժա­նա­նա­լու ար­դար­նե­րի հա­տուց­մա­նը:


ՔՐԻՍՏՈՍ ՀԱՐՅԱՎ  Ի ՄԵՌԵԼՈՑ

ՕՐՀՆՅԱԼ Է ՀԱՐՈՒԹՅՈՒՆԸ  ՔՐԻՍՏՈՍԻ

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Data '2014-04-20 '
Festa della gloriosa risurrezione di Gesù Cristo 

La festa della Resurrezione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo o la festa di Pasqua è uno dei cinque grandi feste della Chiesa armena. L'origine principale della festa è il seguente.
Ascension of Christ Orthodox Icon, Voznesenie Hristovo ikona, Vyznesenie Hristovo iconaIl re d'Egitto non era d'accordo per consentire agli ebrei di viaggiare nel deserto, per offrire sacrifici al Signore Dio , e l'ultima punizione di Dio, il re d'Egitto, che dovrebbe costringere il re a far Ebrei fuori del paese era la morte di ogni figlio primogenito e ogni primo nato di tutti i bovini in Egitto . Al fine di salvare gli Ebrei dalla punizione che il Signore parlò a Mosè e per mezzo di Mosè ordinò agli ebrei di uccidere un agnello e prendendo un po ' del sangue e metterlo sugli stipiti delle porte e sopra le porte delle case . Nella notte in cui sarebbe passare attraverso il paese d'Egitto per uccidere ogni maschio primogenito , sia umana che animale , egli avrebbe visto il sangue sulle porte e non avrebbe lasciato l'Angelo della Morte entrare nella casa . Avrebbe passare sopra e non danneggiare gli Ebrei quando punire gli egiziani . Infine, dopo che la punizione , il re ha permesso agli Ebrei di lasciare il paese , e gli Ebrei lasciarono l'Egitto . Così , l'umanità ottenuta vita grazie al sangue di Cristo , l'Agnello di Dio , al fine di raggiungere terra benedetta dei cristiani - il Regno dei Cieli .
Il mistero della Pasqua è il mistero di Gesù Cristo, suo salubre Santo Sangue sparso per l'umanità e la Sua risorgendo dai morti per l'umanità. Il Figlio di Dio deve incarnarsi, essere sottoposto a torture, essere crocifisso, sepolto e il terzo giorno sollevare dalla morte.
Dopo la crocifissione e morte di Gesù Cristo suo corpo fu deposto dalla croce e posto nel sepolcro e l'ingresso della tomba è stata chiusa da una grossa pietra ei soldati fu ordinato di controllare l' ingresso della tomba .Dopo tre giorni le tre donne, che avevano seguito Gesù dalla Galilea , Maria Maddalena , Maria , madre di Giacomo e di Giuseppe , e la moglie di Zebedeo portarono spezie e profumi per ungere il corpo di Gesù . Trovarono la pietra rotolata via dal l'ingresso della tomba , così andarono in, ma non hanno fatto il corpo del Signore . Rimasero lì perplesso su questo , quando improvvisamente due angeli vestiti di bianco apparve e disse loro: « Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Egli non è qui , ah è stata sollevata " ( Lc 24:5-6 ) . Le donne tornate dal sepolcro e hanno detto tutte queste cose agli undici discepoli e tutto il resto . Secondo Peter più di 500 persone hanno visto Cristo che si era risorto dai morti . Quindi , questo è il riassetto evangelica del fatto di Pasqua o Santa Resurrezione .
Resurrezione di Cristo divenne la base della dottrina cristiana e la fede. "Se questo è vero, significa che Cristo è risuscitato dalla morte, allora non abbiamo nulla da annunciare e non hai niente da credere" (1 Cor 15,13-14).
Una delle miniature del Vangelo di Rabbula raffigurante la crocifissione e la risurrezione di Gesù Cristo, Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze. Il testo dei Vangeli in lingua siriaca, compilato probabilmente nel 586, è l’unico codice miniato della Siria paleocristiana sopravvissuto fino ai giorni nostri. A partire dall’XI secolo il documento è stato custodito dai patriarchi maroniti di Antiochia, che alla fine del XV secolo lo donarono alla famiglia dei Medici di FirenzeCristo è risorto dai morti, per mezzo della sua morte egli ha distrutto la morte e ha concesso la vita eterna. "Io sono la Resurrezione e io sono la Vita. Chi crede in me vivrà, anche se muore; e chiunque vive e crede in me non morirà mai "(Gv 11,25). 
Cristo è morto per la salvezza degli uomini e il Suo Sangue ha tolto il peccato nel mondo, così che dobbiamo ereditare la vita eterna. 

Nel giorno della festa di Pasqua gente tingere le uova rosse come simbolo di vita feconda, di salvezza e di gioia. San Gregorio Datev considera l'uovo di essere il simbolo del mondo, il guscio dei quali è il cielo, la membrana è l'aria, il bianco è l'acqua e il tuorlo è la terra. Uova di tintura rosso simboleggia la salvezza del mondo mediante Sangue di Cristo.
La Chiesa armena celebra la festa di Pasqua la prima Domenica dopo la luna piena dell'equinozio di primavera, con 35 giorni moveability, nel periodo dal 21 marzo - 26 aprile. 

La Chiesa armena celebra tradizionalmente la sera Divina Liturgia la sera prima della gloriosa risurrezione di Gesù Cristo (Pasqua). Dopo la conclusione della liturgia, i fedeli prendere le candele accese a casa assemblato, a simboleggiare la luce che Cristo ha portato nel mondo. La Divina Liturgia celebrata alla vigilia è l'inizio delle cerimonie festive.
Domenica, il giorno della festa, un servizio di mattina si svolge il servizio Andastan viene eseguita in cui i quattro angoli del mondo sono benedetti, dopo la Divina Liturgia si celebra. Quel giorno l'accoglienza fedeli l'un l'altro in occasione della risurrezione gloriosa di Cristo trasmettere il grande riassetto: "Cristo è risorto dai morti" e ricevere la risposta: "Benedetto è la risurrezione di Cristo".
Periodo di cinquanta giorni a partire dalla festa di Pasqua - il Santo Festa della Resurrezione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo - e duratura fino a Pentecoste nella Chiesa Apostolica Armena Santo è chiamato Hinounk o Hinants periodo. Tale periodo è dedicato al mistero della Risurrezione del Signore, ed è per questo che è il periodo di Dominical. 
Il nome "Hinounk" deriva dalla parola hisuonk (cinquanta). I primi 40 giorni del periodo sono dedicate ai appearings di Rosen Cristo: "Per quaranta giorni dopo la sua morte, apparve a loro molte volte in modi che dimostrato oltre ogni dubbio che egli è vivo. Essi lo videro, e ha parlato con loro del regno di Dio ". 
Gli ultimi dieci giorni del periodo Hinants sono dedicati alla Ascensione di Cristo. 

Hianats periodo si conclude con la festa dell'Ascensione. Secondo le leggi della Chiesa non ci sono giorni di digiuno durante tutti i 50 giorni del periodo Hinants, il che significa che tutte le persone possono mangiare tutto durante quel periodo.
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Date '2014-04-20'
Feast of the Glorious Resurrection of Jesus Christ
The Feast of the Glorious Resurrection of Our Lord Jesus Christ or the Easter Feast is one of the five major feasts of the Armenian Church. The main origin of the feast is the following.
The king of Egypt didn’t agree to allow the Hebrews to travel into the desert to offer sacrifices to Lord the God, and the last punishment of God on the king of Egypt that should force the king to let the Hebrews out of the country was the death of every first-born son and every first-born of all cattle in Egypt. In order to save the Hebrews from that punishment the Lord spoke to Moses and by means of Moses ordered the Hebrews to kill a lamb and taking some of the blood and put it on the doorposts and above the doors of the houses. On the night when He would go through the land of Egypt to kill every first-born male, both human and animal, He would see the blood on the doors and would not let the Angel of Death enter the house. He would pass over and wouldn’t harm the Hebrews when punishing the Egyptians. Finally, after that punishment, the king allowed the Hebrews to leave the country, and the Hebrews left Egypt. So, mankind obtained life thanks to the Blood of Christ, the Lamb of God, in order to reach the Christians’ blessed land - the Kingdom of Heaven.
The Mystery of Easter is the mystery of Jesus Christ, His Salutary Holy Blood shed for mankind and His Rising from the dead for mankind. The Son of God should incarnate, be subjected to tortures, be crucified, buried and the third day raise from death (Ps 15:9-11, 29:4, 40:11-13, 117:16-17, Ho 6:2-3).
Following the crucifixion and death of Jesus Christ His body was taken off the cross and placed into the tomb and the entrance to the tomb was closed by a large stone and the soldiers were ordered to control the entrance to the tomb. After three days the three women, who had followed Jesus from Galilee, Mary Magdalene, Mary, the Mother of James and Joseph, and the wife of Zebedee brought spices and perfumes to anoint the body of Jesus. They found the stone rolled away from the entrance to the tomb, so they went in but they didn’t the body of the Lord. They stood there puzzled about this, when suddenly two angels dressed in white appeared and said to them, “Why are you looking among the dead for one who is alive? He is not here, ha has been raised” (Lk 24:5-6). The women returned from the tomb and told all these things to the eleven disciples and the rest. According to Peter more than 500 people saw Christ who had risen from the dead. So, this is the evangelical tiding of the fact of Easter or Holy Resurrection.
Resurrection of Christ became the basis of the Christian doctrine and faith. “If that is true, it means that Christ has been raised from death, then we have nothing to preach and you have nothing to believe” (1 Co 15:13-14).
Christ rose from the dead, by means of His Death He destroyed Death and granted eternal life. “I am the Resurrection and I am the Life. Whoever believes in me will live, even though he dies; and whoever lives and believes in me will never die” (Jn 11:25).
Christ died for the salvation of mankind and by His Blood took away the sin in the world, so that we should inherit eternal life.
On the day of the Easter feast people dye eggs red as a symbol of fruitful life, salvation and joy. St. Gregory of Datev considers the egg to be the symbol of the world, the shell of which is the sky, the membrane is the air, the white is the water and the yolk is the earth. Dyeing eggs red symbolizes the salvation of the world by means of Blood of Christ.
The Armenian Church celebrates the Easter Feast on the first Sunday following the full moon of the vernal equinox, with 35 days moveability, during the period from March 21 –April 26.
The Armenian Church traditionally celebrates evening Divine Liturgy on the evening prior to Jesus Christ’s Glorious Resurrection (Easter). Following the conclusion of the Liturgy, the assembled faithful take lit candles home, symbolizing the Light that Christ brought into the world. The Divine Liturgy celebrated on the eve is the start of the festive ceremonies.
On Sunday, the day of the feast, a morning service is conducted the Andastan Service is performed wherein the four corners of the world are blessed, afterwards the Divine Liturgy is celebrated. That day the faithful welcome each other on the occasion of the Glorious Resurrection of Christ conveying the great tiding:  “Christ is Risen from the dead” and receive the answer: “Blessed is the Resurrection of Christ.”
Fifty-day period beginning from the Easter Feast – the Holy Feast of the Glorious Resurrection of Our Lord Jesus Christ - and lasting till Pentecost in the Holy Armenian Apostolic Church is called Hinounk or Hinants period. That period is dedicated to the mystery of Resurrection of the Lord, and that is why it is Dominical period.
The name “Hinounk” comes from the word hisuonk (fifty). The first forty days of the period are dedicated to the appearings of Rosen Christ: “For forty days after his death he appeared to them many times in ways that proved beyond doubt that he was alive. They saw him, and he talked with them about the Kingdom of God” .
The last ten days of the Hinants period are dedicated to the Ascension of Christ.

Hianats period is concluded with the Feast of Ascension. According to the Church laws there are no fasting days during all fifty days of Hinants period, which means that all people can eat everything during that period.
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Дата '2014-04-20'
ПАСХА. Светлое Христово Воскресение
Армянская Апостольская Церковь отмечает Пасху - Светлое Христово Воскресение - в следующее после полнолуния воскресенье, наступающее после весеннего равноденствия, в период с 21-го марта по 26-е апреля.
Праздник Святого Воскресения называется также Пасхой, что означает освобождение, избавление от грехов и возвращение к Богу. Пасха считается одним из величайших праздников Ветхого и в Нового Завета.
После распятия и смерти Иисуса Христа набожные люди сняли Его Тело с креста и положили во гроб, высеченный в скале. Вход в гробницу был закрыт большим камнем. Через три дня жены-мироносицы – Мария-Магдалина, Саломея и Мария, мать Иакова, пришли к гробнице, чтобы помазать тело Господа душистыми маслами. Однако, подойдя поближе, они увидели, что камень был отвален, вход в скалу был открыт, а гроб был пуст. Пока они недоумевали, перед ними предстали два мужа в одежде блистающих и  сказали им: «Что вы ищете живого между мертвыми? Его здесь нет: Он воскрес ...» (Лук. 24: 5-6). Жены-мироносицы донесли весть о Воскресении апостолам, после чего Иисус явился им.
Воскресение Иисуса Христа стало основой христианского вероучения. «Если нет воскресения мертвых, то и Христос не воскрес; А если Христос не воскрес, то и проповедь наша тщетна, тщетна и вера ваша» (1 Кор. 15:13-14).
В Пасху верующие красят яйца. Яйцо является символом воскресения и зарождения новой жизни. А красный цвет символизирует животворную кровь распятого Христа, пролитую во имя нашего спасения. Об окрашивании яйца в красный цвет Св. Григор Татеваци пишет: «Только в Пасху мы красим яйца, поскольку яйцо символизирует Вселенную: скорлупа похожа на небо, пленка – на воздух, белок – на воду, а желток и есть сама земля. Красный цвет означает, что мир был спасен ценой крови Христа. Когда мы берем в руки красное яйцо, мы провозглашаем наше спасение».
Накануне вечером в церквях служат Св. Литургию Сочельника, и пасхальные торжества начинаются. В воскресенье утром совершается богослужение Пасхальной Заутрени, обряд освящения четырех сторон света (Андастан), затем служат Св. Литургию. Приветствуя друг друга, христиане говорят друг другу: «Христос воскрес из мертвых!» - «Благословенно Воскресение Христово!». Радостное Пасхальное приветствие напоминает то состояние апостолов, в котором они, когда внезапно пронеслась весть о Воскресении Христовом, с изумлением и восторгом говорили друг другу: «Христос воскрес!», и отвечали: «Воистину воскрес!»
Пятидесятидневный период от Св. Пасхи (Светлого Христова Воскресения) до Пятидесятницы (Пентекосте) в Армянской Апостольской Церкви называется Хинунк. Он посвящен таинству Воскресения и Вознесения Господа, поэтому весь этот период является Господним.
Хинунк происходит от слова «пятьдесят». Первые сорок дней посвящены явлению Воскресшего Христа, «Которым и явил Себя живым по страдании Своем со многими верными доказательствами, в продолжение сорока дней являясь им и говоря о Царствии Божием» (Деян. 1:3).

Последние десять дней Хинунка посвящены Вознесению Христа. Завершается Хинунк праздником Пятидесятницы. Согласно церковным канонам, в этом периоде нет постных дней, и можно употреблять все виды пищи.