venerdì 31 gennaio 2014

Gli Armeni a Trieste e "Santa Maria delle Grazie"


In nessuna città come a Trieste è difficile infatti individuare un’unicità di volti, di lingue, di caratteri. Per scoprire la verità di questo luogo, basta osservare la varietà di elementi architettonici che arricchiscono le vie della città: guglie, cupole, rosoni, i quali, ciascuno con la propria semplicità o articolata apparenza, raccontano la storia di una Trieste dove il sogno del multiculturalismo, della convivenza di credi e culture diverse è vera da secoli.

Una data è il segno del cambiamento. Il 1719 è l’anno della proclamazione di Trieste come Porto Franco: lo spazio della città si trasforma nello scenario di un continuo scambio commerciale e intellettuale, con un conseguente incremento economico, demografico e culturale. Da questa data grande è il numero delle popolazioni che qui arrivano portando con sé la ricchezza della cultura d’origine, della propria etnia e della propria religione: greci, turchi, armeni, serbi, albanesi, ebrei, tedeschi, polacchi, slavi e inglesi. 
L’Editto di Tolleranza, emanato da Giuseppe II sul finire del Settecento (1781-1782), garantisce infine libertà di culto alle diverse comunità religiose che vivono in città. Anche grazie all’espansione urbanistica voluta da Maria Teresa prima e da Giuseppe II poi, il centro storico si espande e nascono due nuovi quartieri: il teresiano e il giuseppino, impostati secondo assi viari su cui si mettevano in mostra non solo le facciate di imponenti e maestosi palazzi, ma anche quelle austere e affascinanti delle nuove chiese cattoliche e dei luoghi di culto delle altre comunità religiose, che ancor oggi danno testimonianza coerente della loro fede.

 Santa Maria delle Grazie - via Giustinelli

"Santa Maria delle Grazie", locale comunità Mechitarista.
La comunità armena veneziana nel Settecento è scossa da tensioni che sfociano nel 1772 in una scissione. Secondo il Mainati, in conseguenza di ciò, due monaci armeni, Babic e Gasparenz giunsero a Trieste nel 1773 per la “cura spirituale” dei negozianti armeni.
I primi padri Mechitaristi Armeni i risulta presenti in cità dà nel 1756: presenza atestada da una lapide, che nela catedral de San Giusto, indica.
Nel 1773 alcuni confratelli se trasferisi a Trieste co' l'intenzion de verzer un convento. Nel 1775 l'imperatrice Maria Teresa ghe dà el 'diploma' de residenza e ghe consenti de verzer una scola publica, un colegio e una tipografia per stampar testi religiosi nele lingue orientali col scopo de divulgar in queste la religion catolica.
Nel 1777 i compra la casa del patrizio triestin Pasquale Ricci e i la adata ale proprie esigenze, ma gavendo fati tropi debiti i devi alienar i propri beni; semo nel 1810.
Nel 1817 i torna a Trieste( rimanendo in città fino al 1910) e nel 1846 l'architeto Giovanni Battista de Puppi elabora un progeto per far un convento in un fondo che ghe xè stado vendudo da Giorgio Giustinelli. El convento xè stado realizado presto, invece se ga dovudo spetar el 1858 perchè che al Magistrato Civico ghe vignissi inviado el progeto per la nova chesa. Nel 1859 avevano aperto un Ginnasio Reale Commerciale nel Collegio dei Mechitaristi che era il primo ginnasio in lingua italiana a Trieste.
El primo magio 1859 vien solenemente celebrada la consacrazion dela nova chesa dedicada a 'Santa Maria delle Grazie', realizada anche con un generoso finanziamenton de Giorgio Ananian.
La strutura presenta una faciata a capanna de gusto neo-romantico mentre dentro se svilupa un'aula a pianta quadrata.
Per un breve perido anche l'arciduca Massimiliano, che iera ospite lela vicina villa Lazarovich, ga frequentà la chesa prima de trasferirse a Miramar. Tanto xè vero che proprio l'arciduca ga comissionà la pala del altar magior che rafigura la Beata Vergine delle Grazie; mi però sta pala in chesa no la go trovada.
La chiesa di via Giustinelli al civico 7, praticamente visibile dalla strada, Chiesa della “Beata Vergine delle Grazie”, è oggi chiesa della comunità cattolica di lingua tedesca di Trieste ,a era nell’ Ottocento la chiesa della comunità armena. La via Giustinelli è intitolata al ricco possidente armeno che nel 1846 fece ottenere ai padri mechitaristi, già scappati da Trieste, il terreno per edificare un nuovo edificio di culto e un monastero, di cui ancora oggi sono proprietari. La chiesa è intatta, uno scrigno per il bellissimo organo Rieger donato da Julius Kugy, che qui veniva a suonare ogni giorno. La chiesa rischia l’abbandono e la zona, con una stupenda vista sul golfo di Trieste, è oltremodo adatta a spregiudicate operazioni immobiliari. È uno dei due campanili della chiesa a denunciare il pericolo. Ingabbiato dalla primavera 2008 per metterlo in sicurezza, necessita di altri lavori di ripristino. Ma i padri mechitaristi di Venezia, proprietari del complesso, dopo un primo intervento d’ urgenza non pare abbiano intenzione di affrontare altri investimenti. I mechitaristi hanno già venduto parte della proprietà, il terreno a fianco dove è in via di realizzazione il parcheggio.Il vincolo della Sovrintendenza sulla “Beata Vergine delle Grazie” scongiura per il momento l’ ipotesi, anche in caso di vendita da parte dei religiosi, che la chiesa possa essere riconvertita a usi impropri.
Dal 1939 la strutura xè utilizada dala comunità catolica de lingua tedesca.A metà degli anni Settanta del Novecento William Saroyan, romanziere di culto per un’ intera generazione, fece sosta a Trieste e un pomeriggio si recò dalla famiglia a lui del tutto sconosciuta degli Hovhanessian, armeni che qui trovarono riparo dal massacro turco e divennero celebri come pasticceri. Ma ancor oggi, ormai ultrasettantenne, Giacomo, allora in vacanza fuori città, coltiva il rimpianto di aver mancato quell’affascinante visita (Saroyan fu ricevuto da una zia) di cui gli rimane solo il pegno prezioso di una dedica. Nessuno in famiglia si chiede però il motivo della visita del popolare scrittore di origini armene. “Era qui di passaggio perchè stava andando a Belgrado per un film”, ti dicono serafici. Perchè nella diaspora armena, spiegano, è davvero normale, per chi si trova in un’altra città o in un altro paese, mettersi in cerca dei conterranei, scambiare qualche cortesia in armeno e vedersi ricevere come un vecchio amico. E’ il senso di un’ identità e di una storia condivisa ……
Fra i cognomi triestini passati e presenti: Ananian, Aidinian, Zingirian, Hermet, Giustinelli, Anmahian, Hovhanessian.
Xè necessari però, per el futruro dela chesa, urgenti restauri, in quanto una torre campanaria e alcune parti dela faciata xè in condizioni precarie e diverse parti de intonaco xè pericolanti. Purtropo i proprietari, che xè i mechitaristi Armeni de Venezia, nonostante che la strutura sia un simbolo del'identità storica e culturale dela nostra cità no i sembra interessadi ai restauri.
El toco più importante dentro la cesa xè nela cantoria: xè l'organo de cui parleremo più avanti.

Comincemo a guardar l'esterno.

Davanti ala cesa gavessi dovudo vignir costruida una grande scalinada, simile a quela de Santa maria Magior, ma per mancanza de fondi no la xè stada subito realizada e dopo i tereni su cui la doveva vignir costruida xè stai vendui e xè stade costruide case, sofigando cussì la visual dela faciata.
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La faciata risulta piutosto sconta tra le case
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Questo xè el massimo del insieme che se riva a veder dala strada (no go coragio de sonar campanele per andar un qualche apartamento nei piani alti de qualche casa)
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Sula tore campanaria de destra le vedi bel le condizioni dei intonaci e de parte del teto
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Andemo a visitar l'interno.

Nel andron de ingresso un crocefisso
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L'interno dela cesa da quel che gavessi dovudo esser l'ingresso principal
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L'aula verso l'abside
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Vista dal alto dela cantoria
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L'altar magior
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La semicupola del'abside
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Le finestre su un lato del'aula

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I quatro pennacchi soto la cupola decorai con figure de santi
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Una lapide

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La scaleta a chiocciola per salir in cantoria, poi la continua nela tore campanaria.

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La cantoria col toco più importante dela cesa: l'organo de Kugy.

Xè un organo Rieger del 1894 che Kugy ghe ga regalà ala chesa purchè el restassi de sua proprietà vita natural durante e che el podessi sonarlo tuti i giorni. El ga avù el permesso de sonarlo dale 10 de matina al 10 de sera impegnadose però anche de sonar in tute le funzioni o, nela sua impossibiltà, de trovar un sostituto.
Per 14 ani el ga sonà regolarmente tuti i giorni per tre ore: la prima ora el la dedicava ai pedai, la seconda al studio de tochi novi, la terza a rinfrescar el vecio repertorio.
Kugy, dopo firmà el contrato coi Mechitaristi, gà ordinà l'organo a Vienna dai Fratelli Rieger, costruttori di organi a Jagerndorf. L'organo xè disposto a due torri per lassar libera la finestra central. El legno della cassa xè tinto in bruno scuro con decorazioni de oro. El suono xè meraviglioso, travolgente e potente,ma morbido.

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E per finir tre quadri: el primo una Madonina in un altar lateral

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Questa me par antica, realizada su un fondo dorà

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Una santa dal altro lato del'aula

Residenze nella chiesa degli armeni

Appelli, incontri e scontri cadono nel vuoto. Quando una cosa deve finire, finisce. E così finisce a Trieste la storia degli armeni, del loro culto e della loro chiesa, dopo che anche la comunità cattolica tedesca che l’aveva affittata per il proprio rito e come punto d’incontro si è dispersa. In via Giustinelli, uno dei complessi storici più interessanti e misconosciuti di Trieste, ormai si costruisce doppiamente, i padri mechitaristi (culto armeno) sono spariti, da tempo l’unica sede è tornata, com’era storicamente, a Venezia.
Accanto alla chiesa, originariamente intitolata alla Madonna delle Grazie, già tre anni fa pericolante e con uno dei due campaniletti messo in sicurezza, senza più parroci o inquilini, che custodisce (malamente, essendo chiusa da tempo) il restaurato famoso organo fatto costruire a Vienna da Julius Kugy, sta sorgendo un complesso edilizio d’avanguardia tutto in legno: «Sarà il primo d’Italia» dice con orgoglio Luciano Lazzari, architetto direttore dei lavori per l’immobiliare Epoca srl di Alessandro Beltrame che ha acquisito la casa esistente e il terreno vicino, su cui è nata la seconda residenza di iper-lusso.
Ma anche l’edificio che contiene la chiesa diventerà residenziale. «La chiesa - conferma Lazzari - è stata comprata da un altro gruppo immobiliare, che farà residenze nell’area pertinente, è già sconsacrata, sarà destinata probabilmente a un altro uso». Dietro l’ingresso principale si apre un cortile che dà su pastini, originariamente sognati come scalinata. Progetto mai nato, dopo l’edificazione nel 1859 della chiesa e del monastero-convitto, per liberalità dell’armeno Gregorio Ananian.
Julius Kugy all’organo
Di tutto ciò soffre assai il Comitato che difende l’organo di Kugy, perfettamente funzionante fino a che non se lo mangia l’umidità: «I Mechitaristi di Venezia in difficoltà finanziarie vogliono vendere, da due anni è in corso la trattativa» scrive Liliana Servadei Davanzo per il Comitato, che ha interpellato mezzo mondo chiedendo la salvaguardia dell’antico edificio di culto, dei dipinti interni, dell’organo, rivolgendosi alla Soprintendenza, al Comune, ai Mechitaristi veneti, «i quali avevano tentato - scrive Davanzo - di smontare l’organo per portarselo via, ma l’operazione sarebbe stata di un costo superiore al valore dello strumento stesso, per cui vi hanno rinunciato».
Davanzo riferisce che per l’acquisto della chiesa è stato interpellato anche il vescovo di Trieste, che però non poteva avere i fondi necessari. Che paramenti e vesti, arredi e addobbi sono stati portati nel Seminario vescovile. Che la Fondazione CrTrieste non ha potuto far niente, «c’era ancora una situazione tavolare poco chiara». Ormai si parlano solo gli architetti fra loro, per accordi tra i due gruppi immobiliari sulle servitù di passaggio dei futuri inquilini, affinché gli uni possano attraversare il garage degli altri per raggiungere «i posti macchina che saranno realizzati sui pastini della chiesa». E intanto, dice sconsolata Davanzo, «l’organo, che potrebbe essere ottimo per i concerti e gli allievi del Tartini, sta per marcire».
























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