venerdì 31 gennaio 2014

L’ORGANO DI KUGY NELLA CHIESA DI "Santa Maria delle Grazie"

Julius Kugy all’organo
Nell’autobiografia intitolata “La mia vita nel lavoro, per la musica, sui monti” Giulio Kugy dedica un intero capitolo alla sua passione per l’organo e alla realizzazione del suo sogno: avere un organo su cui imparare a suonare.
Inizialmente egli si esercitò sull’organo della chiesa evangelica dove sostituiva, in caso di necessità, l’organista ufficiale; imparò a introdurre le funzioni con un preludio comprensibile e a suonare alla fine un pezzo festoso, fu in grado presto di suonare alle cerimonie nuziali, contribuendo, con i suoi registri gioiosi, alla riuscita della festa.
Ad un certo momento a un ministro della chiesa evangelica diede fastidio che un privato suonasse l’organo in chiesa e si decise pertanto che l’organo dovesse servire solo a scopi religiosi. Fu così che Kugy venne “licenziato” e nacque in lui il desiderio di un organo tutto suo.
La realizzazione dell’idea però presentava degli ostacoli: innanzitutto quello dello spazio. La sua casa infatti non era così grande da poter ospitare un organo, bisognava perciò pensare ad una sede adatta. Scartata l’ipotesi di una sala da concerti, egli giunse alla conclusione che, essendo l’organo uno strumento sacro, il luogo più adatto era una chiesa.
Tentò di parlarne col vescovo di Trieste e questi si dichiarò disposto ad accettare il dono, purché lo strumento venisse poi usato solo per scopi religiosi. In questo modo Kugy avrebbe perso ogni libertà artistica. Era inaccettabile. Un amico lo informò che l’amministratore della chiesa conventuale cattolico-armena sarebbe venuto volentieri incontro ai suoi desideri.
Kugy corse allora in via Giustinelli sul colle di San Vito dove si trovava la chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie, vicino alla Sanza (un’antica fortezza triestina del ‘600). La chiesa, costruita con i mezzi finanziari del patriarca degli Armeni cattolici di Costantinopoli su un terreno donato da Giorgio Giustinelli (triestino di nazionalità armena), era stata aperta al culto nel 1859 ed era stata frequentata anche da Massimiliano d’Asburgo, che abitava nelle vicinanze.
La chiesa fece subito un’impressione favorevole a Kugy perché era alta con una larga cupola, molto luminosa.
Kugy stipulò il contratto con la congregazione dei mechitaristi firmato dall’abate generale che risiedeva a Vienna.
In base al contratto, Kugy sarebbe rimasto proprietario dell’organo vita natural durante e avrebbe potuto servirsene ogni giorno dalle dieci del mattino alle dieci di sera; non avrebbe potuto dare concerti, avrebbe potuto però suonare per pochi. Si prendeva inoltre l’impegno di accompagnare le messe o di provvedere a un suo sostituto. Dopo la sua morte l’organo sarebbe diventato proprietà della chiesa.
Ordinò l’organo a Vienna dai fratelli Rieger, costruttori di organi a Jagerndorf, scegliendo con cura i registri, secondo le sue convinzioni: volle che l’organo disponesse di diciannove registri e avesse canne ad anima, senza ancia. Nel novembre 1894 l’organo fu consegnato.
Nella sua autobiografia egli descrive minuziosamente la sera del suo arrivo: le enormi casse furono accatastate nella chiesa e lui era assai emozionato ed impaziente. I montatori finirono col vietargli di andare in chiesa per otto giorni, durante il montaggio e l’accordatura. Alla fine l’organo superò ogni sua aspettativa: era disposto a due torri, per lasciar libera la finestra centrale, il legno della cassa era tinto in bruno scuro, con decorazioni in oro, le canne di facciata erano in lucido argento. Meraviglioso era il suono: travolgente e potente, ma morbido.
Secondo i patti, Kugy suonava l’organo durante la messa della domenica e delle altre feste e lo faceva con dedizione e puntualità. Il fatto che la chiesa fosse aperta solo in queste occasioni era per lui un grande vantaggio perché poi poteva esercitarsi liberamente.
Ne approfittò per studiare e suonare due grandi composizioni di Bach: la Toccata e fuga in do maggiore e la Fuga in mi bemolle minore.
Kugy suonava per tre ore al giorno: la prima ora la dedicava ai pedali, la seconda allo studio di pezzi nuovi, la terza alle riprese del vecchio repertorio. Talvolta arrivava a casa stanchissimo, di solito non prima delle undici.
Un episodio un po’ buffo ci fa capire però che qualcuno non era contento di tutta questa musica: era un inquilino del convento che, dopo due anni, non ne poté più e gli intimò di smettere. Scoppiò così una “guerra” tra lui e Kugy. Una sera l’inquilino, appena Kugy cominciò a suonare l’organo, batté a casaccio i tasti di un armonio, producendo accordi falsi e orrende dissonanze. Kugy, per non dargliela vinta, si concentrò e continuò con fatica a suonare per ore. Per dare un disturbo maggiore, al suono dell’armonio si unì il canto di tutta la famiglia e il terzo si fece sentire un tamburo militare. Kugy capì che bisognava trovare una soluzione: si mise d’accordo con l’amministratore del convento e fece aprire le porte della chiesa per una funzione serale. Un bel corale di Bach inondò la chiesa e alla presenza dei fedeli e dei poliziotti l’inquilino non ritenne opportuno disturbare. Venne però di corsa la moglie a pregare che Kugy la smettesse, perché il marito stava impazzendo. Egli la accontentò, ma l’uomo cambiò casa.
Kugy continuò a suonare il suo organo per quattordici anni, ogni sera, in ogni stagione.
Non ritenne mai di essere un grande organista, ma era fiero di aver quasi sempre saputo “tenere sgombra la via delle altezze dei suoi ideali” e di non averla persa in mezzo alle difficoltà della vita.
L’organo di Kugy è stato recentemente restaurato nel marzo 1992 e ancora oggi lo si può sentire suonare nella funzione domenicale delle dieci, officiata per la comunità cattolica di lingua tedesca.

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